L’ARROGANZA SU GUTERRES SGRETOLA LA DEMOCRAZIA da IL FATTO
L’arroganza su Guterres sgretola la democrazia
ELENA BASILE 28 OTTOBRE 2023
Migliaia di morti a Gaza sotto i bombardamenti indiscriminati di Israele. 2.300 bambini deceduti. Tel Aviv chiede l’evacuazione del nord della Striscia di Gaza, famiglie intere abbandonano le loro case e si mettono in marcia per scoprire che i bombardamenti non cessano neanche al sud. Israele pretende l’evacuazione degli ospedali, come se fosse possibile un’operazione del genere, con i vecchi in terapia intensiva, i feriti, i bambini nelle incubatrici.
Mentre le popolazioni arabe sono in rivolta e le piazze delle capitali di Europa sono occupate da migliaia di manifestanti, perlopiù giovani, che non restano insensibili al dramma di Gaza, i governi europei e statunitensi bloccano le risoluzioni Onu che chiedono il cessate il fuoco e condannano accanto ad Hamas anche Israele. Le democrazie occidentali svelano il loro vero volto. La presidente del Consiglio porta la solidarietà del popolo italiano a Netanyahu mentre la carneficina è in corso. Come nota Domenico Gallo, Giorgia Meloni è libera di offrire il sostegno a un altro esecutivo di destra estrema che viola il diritto internazionale e umanitario ma non deve parlare a nome del popolo italiano. Non siamo complici dei crimini di guerra.
Il Segretario generale dell’Onu, dopo aver esitato non poco, finalmente pronuncia un discorso nel quale sottolinea principi evidenti: la condanna della violenza spropositata di Israele deve affiancare quella di Hamas. L’organizzazione terroristica non nasce dal nulla, ma è il prodotto della chiusura di ogni canale politico, di anni di violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e di instaurazione di un regime di apartheid a Gaza. Un piccolo Stato, con una popolazione che non raggiunge i dieci milioni di abitanti, colpevole di non avere applicato innumerevoli risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, insorge contro Guterres chiedendone le dimissioni. Un’arroganza senza limiti che Usa ed Europa hanno costruito, garantendo a Tel Aviv l’impunità. Hanno così sporcato la storia del popolo ebraico, la sua democrazia che è esistita, il dinamismo di una società civile che ancora oggi ha un dibattito pubblico più aperto di quello delle democrazie occidentali.
Ci preoccupiamo di salvare gli ostaggi, non di evitare la morte dei ragazzi di Gaza, 40% della popolazione sotto i 14 anni. Biden richiede di ritardare l’operazione via terra per permettere il negoziato e per meglio posizionarsi in vista di un allargamento del conflitto. Usciti gli ostaggi la carneficina può continuare. Siamo già alla gerarchia tra vite umane. I palestinesi contano poco.
Gli intellettuali nostrani, ad esempio Paolo Mieli e Domenico Quirico, ricamano i nuovi alibi per l’Occidente democratico, complice del massacro dei bambini. L’opinione pubblica deve rassegnarsi. La carneficina è dovuta. Ancora una volta difendiamo la libertà contro il nemico da noi creato. Israele come l’Ucraina sono gli avamposti della resistenza democratica. Guterres, che ha osato cercare le cause profonde e radicate di Hamas nella questione medio orientale, è indegno di ricoprire il suo ruolo.
Confesso che ho paura. Sembra non ci siano più linee rosse. Le stiamo oltrepassando tutte. Barbarie, cinismo, mistificazioni, propaganda. La democrazia si sgretola con la negazione di un corretto diritto di informazione dei cittadini.
Le domande razionali non trovano risposta. Come è possibile avere considerato Putin un criminale di guerra e non Netanyahu? Perché la Corte Penale Internazionale non interviene contro provati crimini di guerra? Paragoniamo la strategia russa in Ucraina, i morti, gli obiettivi militari e civili bombardati con la strategia di Israele e facciamo le opportune differenze. Perché l’Ue, che si dice patria dei diritti umani, non condanna Israele? Cimiteri di ragazzi in Ucraina e di bambini a Gaza pesano sulle coscienze delle nostre classi dirigenti. Di fronte a un allargamento del conflitto in Ucraina come in Medio Oriente, non ci sono proposte di de-escalation. La propaganda bellicista non ha freni. La sicurezza dei popoli di Europa è a rischio nell’inconsapevolezza di un’opinione pubblica addomesticata dai media.
C’è un fronte del dissenso che si allarga, composto da giovani e dagli elettori che non vanno più alle urne. Sul web passa la contro-informazione proibita sulle tv e sui giornali. Purtroppo esso è frammentato, disperso in mille movimenti che affermano una propria identità. Obiettivi a volte irrealistici, come l’uscita dalla Nato, li ghettizzano e non aiutano ad allargare il sostegno a battaglie fortemente sentite nella società civile. Malgrado le dispersioni, tuttavia, il dissenso prende forza e cerca rappresentanza nella politica.
Il diplomatico
Marco Travaglio 28 OTTOBRE 2023
“L’obiettivo è distruggere Gaza, questo male assoluto”. L’ha detto a Rete4 Dror Eydar, ex ambasciatore di Israele a Roma dal 2019 al ’22. Non distruggere Hamas, ma Gaza: un territorio abitato da 2,3 milioni di palestinesi che in stragrande maggioranza non hanno alcun rapporto con Hamas. Buona parte dei maggiorenni ha al massimo votato Hamas alle ultime e uniche elezioni legislative per l’Autorità nazionale palestinese nel 2006, quando noi occidentali spiegammo loro che dovevano diventare democratici ed eleggere liberamente i propri rappresentanti. Poi, siccome vinse Hamas sia nella Striscia sia in Cisgiordania, Usa e Ue iniziarono a boicottare economicamente non Hamas, ma l’Anp, affamando e spingendo vieppiù la gente verso gli estremisti. Ma metà della popolazione è formata da bambini, che non votano, ma voteranno. E, continuando a trattarli così, possiamo immaginare per chi, sempreché qualcuno li chiami ancora alle urne. “Noi – ha aggiunto l’ex ambasciatore – non siamo interessati a discorsi razionali. Ogni persona che minaccia un ebreo, che vuole uccidere un ebreo, deve morire”. Ma si è scordato di spiegare come si fa a riconoscere chi, fra quei 2,3 milioni di civili quasi tutti inermi, vuole uccidere ebrei: a meno di presumere che lo vogliano tutti e sterminarli tutti.
Già l’idea che un simile soggetto che usa un tale linguaggio sia un diplomatico, se non fosse tragica sarebbe comica: perché è l’antitesi della diplomazia, anche di quella più ipocrita che usa toni suadenti ed espressioni soavi per nascondere le peggiori nefandezze del Paese che rappresenta. Ma il fatto che il governo israeliano mandi in giro per l’Europa a spiegare le sue ragioni figuri come Eydar, la dice lunga sull’ottusità dell’attuale classe dirigente di Tel Aviv. Che, anche dimenticando per un attimo gli orrori in corso a Gaza, non si pone minimamente il problema del consenso internazionale, convinta che le verrà permesso qualsiasi crimine di guerra per vendicare il terrificante “pogrom” di Hamas del 7 ottobre. È la terribile sintesi della storia israelo-palestinese di questi 14 anni di Era Netanyahu-Hamas: il sistematico sabotaggio bipartisan degli accordi di Oslo del ’93, siglati da Arafat e Rabin sul principio “due popoli, due Stati” e proseguiti da Sharon col ritiro da Gaza. Quel principio, così in voga in Occidente, è sparito da un pezzo dai radar del Medio Oriente: Israele è grande quanto la Puglia, ma ha la popolazione della Lombardia; la Cisgiordania è grande quanto la Liguria e Gaza è un decimo della Val d’Aosta e hanno ciascuna la popolazione della Calabria. Altro che “due popoli, due Stati”: oggi l’epilogo più probabile è “nessun popolo, nessuno Stato”.
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