LA GUERRA INFINITA E L’IMPOTENZA DELL’ONU da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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LA GUERRA INFINITA E L’IMPOTENZA DELL’ONU da IL FATTO

La guerra infinita e l’impotenza dell’Onu

Kiev-Palestina-Pacifico – Crisi endemiche, però tenute sotto controllo, sono riesplose con violenza: il risultato delle politiche dell’Occidente contro le Nazioni Unite

Fabio Mini   26 Novembre 2024

In Ucraina, Europa, Libano, Medio Oriente, Corea e Taiwan si stanno giocando le sorti del mondo. L’allarme è unanime e giustificato. Sono troppi i punti caldi trasformati da luoghi di crisi gestibili, in campi di battaglia degenerati in macellerie fuori da ogni controllo. Ed è questa constatazione che porta ad individuare il fallimento di quell’ordine globale stabilito dopo la Seconda guerra mondiale. Un ordine legale e legittimo perché basato sul diritto internazionale la cui fonte primaria era proprio l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Da allora ogni volta che il Consiglio di sicurezza bocciava i tentativi di soluzione delle crisi ci si domandava fino a quando potesse durare. Finita la guerra fredda si è pensato che con una potenza egemone a guardia del mondo si potesse essere sicuri. Rimaneva il nodo del principio base della sovranità degli Stati membri e perciò occorreva neutralizzare la legittimità e funzionalità delle Nazioni Unite. I metodi furono diversi, dal taglio dei finanziamenti alla manipolazione del diritto internazionale, dalle missioni insulse a quelle volutamente fallimentari. Più che regolare le relazioni internazionali, le Nazioni Unite diventarono l’ufficio notarile che legalizzava ogni porcata.

Le cosiddette missioni di peacekeeping e peace enforcing (mantenimento e rafforzamento della pace) falsavano la realtà perché la pace da mantenere o rinforzare non esisteva; le missioni di peace building e peace making erano un altro falso perché la parola pace celava i progetti di guerra e nuova colonizzazione. L’Onu si delegittima da sola e alimenta la progressiva perdita della funzione di fonti primarie del diritto internazionale. E anche questo ci si chiedeva quanto potesse durare. Oggi siamo al resoconto finale. Le risoluzioni del Consiglio di sicurezza vengono ignorate o aggirate, quelle dell’Assemblea sono carta straccia, le sentenze della Corte penale ridicolizzate, le minacce alla sicurezza globale e i conflitti che dovrebbero essere banditi sono alimentati dagli stessi membri del Consiglio che dovrebbe prevenirli o limitarli. Le forze militari al servizio dell’Onu sono ignorate, sotto alimentate e spesso tenute in piedi per fare da ostaggi. Un concetto che forse andava bene quando l’ostaggio era tutelato dallo stesso avversario, come facevano i popoli civili e perfino quelli barbari. Oggi gli ostaggi non sono tutelati da nessuno, nemmeno dai propri Stati. La missione in Somalia era stata concepita e voluta da una multinazionale della frutta e fu spacciata per missione umanitaria. E fu sospesa ai primi morti americani. Nessuno si azzardò a difendere i contingenti nazionali. La missione in Ruanda fu ritirata ai primi morti del Belgio e il comandante canadese fu lasciato da solo a tentare di gestire un massacro a colpi di machete che fece due milioni di vittime: un’operazione resa possibile dal cinismo della democratica americana Madelaine Albright che definì la mattanza “una roba tra negri”. Qualche anno prima era stata l’ambasciatrice Usa April Glaspie ad assicurare a Saddam Hussein che la questione Kuwait sarebbe stata considerata una “roba tra arabi”. Risultato: quindici anni di guerre e altri milioni di vittime. La stessa Albright volle la guerra della Nato contro la Serbia senza mandato del Consiglio di sicurezza e istruì la “pratica Ucraina” contro la Russia e l’Europa condotta da tutte le amministrazioni Usa a partire dal 2003 ad oggi con e senza neocon e pink commies.

Le Nazioni Unite si sono affrettate a condannare le operazioni russe in Georgia nel 2008 e Ucraina nel 2014 e 2022. Tutto l’Occidente si è schierato contro la violazione del diritto internazionale da parte russa, negando spudoratamente che la prima a violarlo fosse stata la Nato nei Balcani quando, in nome dell’autodeterminazione dei popoli, intervenne in Bosnia, Croazia e poi in Kosovo. Lo stesso occidente e l’Ucraina avevano violato il diritto internazionale a partire dal 1997 e in modo particolare dal 2014 quando all’Ucraina fu consentito di massacrare e reprimere le proprie province che chiedevano autonomia in nome della stessa “autodeterminazione”. Furono sempre la Nato e l’Europa nel 2015 a siglare accordi di cessazione delle ostilità tra Ucraina e province del Donbas con il solo intento di guadagnare tempo per ricostituire l’esercito ucraino battuto dagli insorti. Ma l’esempio più prossimo della deludente credibilità del sistema internazionale è proprio la missione Unifil in Libano che da settimane è sotto le bombe, come il resto del Libano, e ostaggio degli israeliani e dei libanesi dal 1978 quando l’Onu intervenne per porre fine all’invasione israeliana di quell’anno. Dal 2006, dopo un’altra invasione respinta da Hezbollah, Unifil svolge i compiti di assistenza all’esercito e alla popolazione libanese, sicurezza di una striscia di confine e monitoraggio del rispetto delle risoluzioni Onu. Un compito quasi impossibile da assolvere visto che Israele negli ultimi settant’anni ha ignorato e violato 69 risoluzioni e gli Stati Uniti ne hanno bloccate altre 29. Un compito che non prevede gratitudine perché ogni tentativo di assolverlo scontenta qualcuno. Una missione volutamente indefinita e infinita. In quarantasei anni non c’è stato un giorno senza una violazione delle risoluzioni. Una missione di cosiddetta interposizione tra due parti armate fino ai denti che non si riconoscono nemmeno come nemici; che non prevede alcuna capacità difensiva adeguata alle capacità di Hezbollah e soprattutto a quelle di Israele. Si devono accontentare di qualche elmetto di un bel colore blu che chiamano casco come se fossero su una moto visto che la parola “elmetto” potrebbe far intendere che sono militari in zona di guerra. E i veicoli, rigorosamente dipinti di bianco, in modo che chi spara non possa sbagliare.

Una missione in cui gli ostaggi servono da scudi umani sia per gli israeliani che per libanesi. L’inerzia e l’ignavia delle Nazioni Unite sono ormai proverbiali, ma almeno non ostentano potenza o forza. Anzi guai a sparare un colpo. Le nostre forze armate che sfoggiano la potenza e la determinazione volando sui cieli baltici, navigando in Australia e correndo nei poligoni non hanno pianificazioni di emergenza per Unifil se non l’evacuazione. Di difendere il Libano e gli ostaggi, di blocco navale, sorveglianza aerea, rinforzare i contingenti e “aiutarli a difendersi”, come diciamo di fare per l’Ucraina, non se ne parla; di rispondere alle provocazioni tirando fuori l’indignazione dal profondo, niente. Chiederemo spiegazioni. Come se ci potessimo aspettare una risposta diversa dal “sono stati gli altri” o “danni collaterali” o “stavano nel posto sbagliato nel momento sbagliato”. Cose già sentite nel 1961 quando dieci aviatori italiani in servizio per l’Onu in Congo furono trucidati a Kindu, nel 1973 nel Sinai il primo morto fu un capitano italiano osservatore dell’Onu, in Libano nel 1982 quando i falangisti libanesi alleati d’Israele nei campi profughi di Sabra e Chatila uccisero 1000 – 3500 palestinesi. O nel 1983 quando il neonato Hezbollah fece saltare le caserme uccidendo 241 marines statunitensi e 56 paracadutisti francesi e la forza multinazionale fu ritirata in fretta e furia. Oggi Unifil non si può ritirare perché sarebbe un’altra sconfitta del Diritto e il Libano finirebbe come Gaza e la Cisgiordania o in un’altra guerra civile. E mentre si parla di difendere il diritto internazionale in Ucraina, difenderlo in Libano, all’Onu e in Italia non è contemplato. Fino a quando?

Anche la giustizia penale è in pericolo. La comunità internazionale si era attrezzata con i tribunali speciali per perseguire i crimini di guerra e contro l’umanità da Norimberga in poi. Hitler si sottrasse alla “giustizia dei vincitori” con il rito guerriero del suicidio collettivo. Avrebbe dovuto rispondere non solo di delitti disumani ma di aver trascinato il proprio popolo nel disastro della guerra. Lo stesso crimine che il defunto Berlusconi in un raro pensiero da “statista” addebitava a Zelensky. Quella giustizia si liberò dei carnefici inutili e liberò quelli utili. Che furono utilizzati. Il Tribunale internazionale penale per la ex Jugoslavia istituito nel 1993 dall’Onu trovò molte difficoltà nel perseguire i crimini di quell’area e l’esecuzione dei mandati di arresto di criminali albanesi in Kosovo fu rifiutata più volte dallo stesso Rappresentante dell’Onu e dalla Kfor prima che fosse eseguito il mandato nel 2003.

La Corte penale internazionale, istituita dal Trattato di Roma nel 1998 come organo giuridico tra Stati, ha iniziato le operazioni nel 2003 e non dipende dall’Onu. La sua giurisdizione non è riconosciuta da Stati Uniti, Russia, Israele e altri, ma gli Usa l’hanno anche osteggiata e fatto emettere al Consiglio di sicurezza dell’Onu risoluzioni che ne limitano la funzionalità. La sua legittimità è indiscutibile ed anche superiore a quella degli organi delle Nazioni Unite in quanto la Carta Onu stabilisce norme che “non ledono o limitano” i trattati fra gli stati membri. Tuttavia, la Corte è soggetta a pressioni nazionali dei paesi aderenti e veri e propri linciaggi da parte di quelli non aderenti. Nella delegittimazione, la Corte ci ha messo del suo trattando senza concluderli casi marginali e, in particolare, spiccando il mandato di arresto di Putin sulla base della denuncia dell’Ucraina (paese non membro). Ora viene delegittimato e perfino vilipeso e minacciato da Israele per aver richiesto l’arresto del premier Netanyahu sulla base di denunce formali e prove di stati membri e organizzazioni internazionali. Tra intimidazioni e delegittimazioni sarà difficile trovare qualcuno che esegua il mandato. E così non è soltanto colpito il cuore del diritto internazionale pubblico e di quello umanitario, ma anche quello penale. Molti stati canaglia e molti criminali di guerra possono festeggiare. Fino a quando?

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