IL PERICOLO AUTONOMIA: “SPACCA ITALIA” da IL MANIFESTO e IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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IL PERICOLO AUTONOMIA: “SPACCA ITALIA” da IL MANIFESTO e IL FATTO

«Spacca Italia», a Napoli protestano tutti: dai partiti agli attivisti, ai sindacati

DDL CALDEROLI. La manifestazione nazionale parte da piazza Garibaldi. Gli organizzatori: «L’autonomia differenziata a saldi invariati significa cristallizzare i divari esistenti»

Fabrizio Geremicca, NAPOLI  16/03/2024

Napoli oggi diventa la capitale del movimento contro il disegno di legge Calderoli. La città ospita, infatti, il corteo nazionale promosso dai comitati contro ogni autonomia differenziata. Partenza alle 14.30 da Piazza Garibaldi. Sono almeno 200 le sigle che hanno aderito, spaziano dalla sinistra radicale a quella istituzionale, dai sindacati a Legambiente fino ai partigiani. Partecipano, tra gli altri, la Cgil Campania; i Cobas e l’Unione sindacale di base; il Pd (ma non ci sarà De Luca e probabilmente neppure il sindaco Manfredi) e i collettivi autogestiti universitari; lo storico centro sociale Officina 99 ed i 5 Stelle; i radicali e Rifondazione comunista.

Hanno garantito la presenza diversi sindaci di varie città (tra i quali Aida Piscopo, eletta circa un anno fa a Foggia) e Luigi de Magistris, l’ex primo cittadino partenopeo.

I promotori hanno dunque realizzato il miracolo di mettere insieme sigle e realtà spesso divise da feroci contrasti e rivalità. Lo sa bene Franco Russo, ex parlamentare di Democrazia proletaria, uno degli attivisti della prima ora dei comitati contro ogni autonomia differenziata: «Abbiamo percorso un bel po’ di cammino dal 2019, quando siamo nati a Roma al termine di un’assemblea al Tasso. L’iniziativa all’epoca fu lanciata soprattutto da alcuni gruppi di insegnanti. Sono poi venuti i tavoli contro l’autonomia differenziata, creati appunto per allargare la partecipazione. Ora, con l’approvazione della legge Calderoli al Senato, il tema è sulle prime pagine dei giornali. Cinque anni fa era un argomento di nicchia».

La vicenda è a un punto di svolta. «Il ddl Calderoli – ricordano i comitati – dopo il Senato è all’attenzione della Camera. Si stanno tenendo le audizioni nella commissione Affari Costituzionali, prima del passaggio in aula. Il piglio decisionista del governo ha finalmente destato l’adesione dei tantissimi soggetti del mondo associativo, sindacale e politico che hanno aderito alla manifestazione, molti dei quali non interni al Tavolo. Sarà la protesta di tutte e tutti coloro che sanno che l’autonomia differenziata abbatterà il Sud, ma colpirà pesantemente anche il Nord». Le ragioni del no? «Se fai un’autonomia differenziata a saldi di bilancio invariati – risponde Russo – come prevedono gli articoli 4 e 9 del disegno di legge alla Camera, significa che i livelli essenziali di prestazione fotograferanno la situazione attuale. In sostanza cristallizzi i divari».

E incalza: «Con i livelli essenziali di prestazioni, poi, non porti un freno alle privatizzazioni, ma le espandi. Ammesso che si facciano mai, garantiranno il minimo, ma non quello che serve effettivamente e che i cittadini dovranno procurarsi sul mercato. Sia quelli delle aree più ricche del Paese, sia gli altri, quelli che vivono nelle zone più depresse». Secondo l’ex parlamentare c’è una vicenda in particolare che smaschera le intenzioni della Lega, al di là della retorica: «Per capire dove vogliono arrivare è sufficiente considerare quale sia stato il destino dell’emendamento di FdI, il quale prevedeva che l’adeguamento dei livelli essenziali di prestazioni ottenuto dalle regioni che avessero stipulato intese con lo Stato avrebbe dovuto essere esteso a tutte le altre. Ebbene, è stato bocciato in commissione alla Camera».

Non ci sarà solo la manifestazione contro l’autonomia differenziata, peraltro, nel sabato politico partenopeo. Giuseppe Conte è atteso alle 11 per illustrare i termini della proposta di istituire un reddito regionale di cittadinanza avanzata dai 5 Stelle nel consiglio regionale campano, ma ben poco condivisa da Vincenzo De Luca, il presidente della giunta che non è sostenuta dai pentastellati. Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni saranno in città per il tour che stanno svolgendo in diversi capoluoghi regionali in vista delle europee. Interverranno all’iniziativa, tra gli altri, il presidente dello Svimez Adriano Giannola; il capogruppo dei senatori Peppe De Cristofaro; l’europarlamentare Rosa D’Amato; l’assessore all’ambiente della regione Puglia, Annagrazia Maraschio; il segretario regionale di Sinistra Italiana Tonino Scala; i parlamentari Francesco Borrelli e Franco Mari. Nel pomeriggio saranno al corteo contro l’autonomia differenziata.

Il pericolo Autonomia, scuola primo obiettivo: selezionare e dividere

SCUOLA. Le riforme targate Valditara anticipano gli effetti del ddl Calderoli. A cominciare dai docenti da indirizzare al Nord con gli incentivi

Luciana Cimino  16/03/2024

Un sistema di istruzione basato su 21 classi differenziali, dove segregare personale e studenti poveri e meridionali. L’autonomia differenziata, reliquia della Lega portata pervicacemente avanti da Roberto Calderoli nel governo più di destra della storia democratica italiana, è la tumulazione della scuola costituzionale così come l’abbiamo conosciuta. A preparare il terreno è stato un altro ministro leghista, quello all’Istruzione (e merito) Giuseppe Valditara, che nell’ultimo anno ha varato una serie di provvedimenti che puntano a «valorizzare i meriti», secondo la propaganda del governo ma che in realtà puntano a selezionare e sfoltire l’accesso all’istruzione.

DALLA RIFORMA della filiera tecnico professionale in senso aziendalista con i corsi di 4 anni, all’orientamento fin dalla primaria, ai test Invalsi per l’ammissione alla maturità. Poi ci sono le cose annunciate, anche per vedere l’effetto che fanno, come le «classi di accompagnamento» per i bambini con background migratorio e le gabbie salariali per gli insegnanti, che nella neolingua della destra si chiamano «incentivi». Anche ieri il ministro dell’Istruzione è tornato sull’argomento: «Federalismo scolastico vuol dire anzitutto che le Regioni devono avere un ruolo importante nella costruzione dell’offerta formativa, aspetto che abbiamo già iniziato a valorizzare con la riforma dell’istruzione tecnico-professionale», ha detto Valditara a Radio Libertà (già Radio Padania Libera). Per poi aggiungere: «Molti docenti preferiscono rimanere precari nel Sud piuttosto che trasferirsi di ruolo al Nord». Problema su cui si dovrebbe intervenire con «incentivi per trasporti, casa, mobilità».

IL TEMA DEL PRESUNTO spopolamento delle scuole del nord è ricorrente in Valditara così come lo slogan che va ripetendo per la sua riforma dell’istruzione tecnica: «Abbiamo collegato Agenda Sud e la riforma del 4+2 anche al Ponte sullo Stretto». Ma nei mesi scorsi aveva specificato meglio: «Servono maestranze per il Ponte» (Festa della Lega, 2 agosto 2023). È tutta qui l’idea di scuola del governo Meloni: al nord eccellenze, connessioni con le aziende, docenti ben pagati e scuole attrezzate, al sud manovalanza. Il facilitatore si chiama Calderoli che ha inserito l’istruzione tra le materie la cui competenza può passare dallo Stato alle Regioni nel Ddl 615. I sindacati della scuola, dai Cobas alla Cgil, da mesi lanciano l’allarme. La Flc Cgil è da novembre in giro per l’Italia con la Carovana dei diritti proprio per esporre i pericoli dell’autonomia differenziata.
«CI SONO DIVERSE CRITICITÀ – spiega la segretaria nazionale Graziamaria Pistorino – la prima è senza dubbio costituzionale: il diritto all’istruzione deve essere garantito in modo uniforme in ogni angolo del Paese. Qui è a rischio l’unità dello Stato, fa specie che il governo, così attaccato a un concetto d’italianità farlocco, da un lato faccia gli inutili licei Made in Italy e parli di sovranità e poi disgreghi l’identità culturale dei cittadini che si forma in un sistema scolastico nazionale». E ancora: «Già oggi le Regioni godono di ampie funzioni amministrative, oltre queste competenze non si deve andare – scriveva a gennaio la Flc -. L’apprendimento e le finalità dell’istruzione ancorate all’esercizio della cittadinanza sono diritti che devono essere garantiti in ogni luogo perché sono nazionali, non regionalizzabili, ed esigibili a prescindere dai governi locali».

I RISCHI evidenziati dai sindacati e da altre associazioni come Esecutivo nazionale No Ad e Coordinamento per la Democrazia costituzionale sono diversi: l’eccessivo potere in materia di programmi, orientamenti e reclutamento del personale al singolo assessore regionale, la compromissione del valore legale del titolo di studio, la contrattazione diversificata in base al territorio. «Questa riforma è il preludio alla privatizzazione della scuola pubblica così come già accaduto nella sanità in alcune regioni. Se si fa un ragionamento di convenienza perdiamo tutti – ragiona Pistorino – non ci saranno vantaggi per nessuno dalla parcellizzazione dell’istruzione». D’accordo anche Simona D’Agostino, dirigente della Valle d’Aosta, regione a Statuto speciale: «La nostra autonomia non ha nulla a che vedere con quella di Calderoli, dava una possibilità ai cittadini fino a quel momento poveri, serviva a tutelare una minoranza linguistica, non a fare una gara di eccellenza tra regioni ricche». «La scuola tutta rischia molto – spiega anche Elena Mandelli, docente di Bergamo – per gli studenti il pericolo più grosso è quello di non accedere, come dice il dettato costituzionale, al più alto grado di istruzione indipendentemente dalle condizione di partenza. Questo è già un diritto compromesso dalle disuguaglianze del paese, pensiamo solo alla possibilità di scuola per i piccoli da zero a 3 anni in alcune regioni».

«SBAGLIA chi crede che divida solo il nord dal sud, ci saranno anche dentro regioni ricche scuole di serie A e scuole di serie Z, territori attrattivi e territori abbandonati», avvisa Mandelli.

Riforme “Autonomia differenziata, anche qui pieni poteri al premier”

SEBASTIANO ORITI  15/03/2024

Per curiosità, ho analizzato il disegno di legge 615 sull’autonomia differenziata. Sono un comune cittadino con esperienze varie. Nell’esaminare il testo ho verificato se gli articoli di legge e quelli della Costituzione richiamati, fossero coerenti col testo stesso; ho ricercato nel testo della Costituzione alcune parole chiavi, le stesse usate nel testo del disegno 615; ho evidenziato i periodi del testo quando questi non richiamavano a loro sostegno alcuna legge dello Stato o della Costituzione. Il disegno di legge 615 si propone di regolare l’iter da seguire per la concessione di maggiore autonomia a una Regione a statuto ordinario, che ne fa richiesta; gli Enti e le figure coinvolte; il trasferimento delle risorse, funzioni e quanto necessario, nonché una parte della fiscalità generata nella Regione. Sono previste forme di “Monitoraggio” e controllo a posteriori e le possibilità di revoca o di riduzione. È anche una legge delega al governo con l’ovvio obiettivo di aggirare l’art 87 comma 4 della Costituzione. Secondo quest’ultima, infatti, (art. 117) deve essere una legge dello Stato a regolare l’autonomia della Regione (che ne fa richiesta); la proposta di legge attribuisce invece al presidente del Consiglio i poteri di presiedere l’intero processo di attribuzione. Il disegno di legge (abilmente) non condiziona la concessione di maggiore autonomia alla determinazione e alla garanzia dei Lep (art 117 della Costituzione); per i Lep ne individua il processo ma questo si svolge in parallelo rispetto a quello dell’autonomia. Il disegno di legge 615 identifica lo Stato con la figura del presidente del Consiglio. È una forzatura e sicuramente uno scambio di interessi tra l’ ”Autonomia ” e il “Premierato”. Il capo del governo è l’autorità suprema che “impone” al Parlamento di esprimere “p a re r i ” entro un termine perentorio, una “commissione” prepara un disegno di legge definitivo sull’intera materia, il presidente del Consiglio approva, infine il disegno di legge viene inviato alle Camere per “deliberazione ”. Il governo decide in assolutismo se e come dare autonomia alle Regioni, dimenticando tutti il Lep. Intanto il Capo dello Stato come previsto nella Costituzione, è scomparso!

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