IL PARLAMENTO UE FILIALE DELLA NATO da IL FATTO e SIMPLICISSIMUS
Il parlamento Ue filiale della Nato
PACE ADDIO – L’escalation di guerra è la prima risoluzione dell’assemblea Poi l’elezione di von der Leyen, paladina della trattativa zero con PutinE le divisioni politiche italiane svaniscono quando si vota in Europa
barbara spinelli 20 LUGLIO 2024
In soli due giorni, il nuovo Parlamento europeo ha mostrato quello che è: una succursale della Nato, egemonizzata da Washington e indifferente a quanto domanda gran parte dei cittadini.
La prima risoluzione approvata dall’assemblea, il 17 luglio, ribadisce quanto affermato in passato –la necessità di accrescere gli aiuti militari all’Ucraina– ma con alcune varianti particolarmente aggressive contro la Russia. Il giorno dopo gli europarlamentari hanno rieletto Ursula von der Leyen Presidente della Commissione, che di questa intensificazione bellicosa è paladina e garante.
Nella risoluzione di mercoledì, i deputati si dicono convinti che “l’Ucraina sta seguendo un percorso irreversibile verso l’adesione alla Nato”. Non erano mai ricorsi a quest’aggettivo – irreversibile – che serve solo a distruggere l’Ucraina. Oggi lo usano sfrontatamente, ricopiando il punto 16 del comunicato approvato dal vertice Nato il 10 luglio. Evidentemente l’Occidente continua a pensare che Putin non prenda queste parole sul serio. Che si possa entrare in guerra – anche atomica – con gli occhi bendati. Che si possa continuare a far morire gli ucraini al posto nostro.
Altra novità di rilievo: il Parlamento “sostiene fermamente l’eliminazione delle restrizioni all’uso dei sistemi di armi occidentali forniti all’Ucraina contro obiettivi militari sul territorio russo”. Autorizzare gli ucraini a colpire il territorio russo con missili Usa e europei vuol dire trasformare definitivamente il conflitto russo-ucraino in guerra occidentale contro la Russia. Un passo che fin qui era stato compiuto da singoli Stati europei ma non da tutti.
Il governo italiano per esempio è contrario a colpire la Russia, in accordo con le opposizioni. Non la pensano allo stesso modo gli eurodeputati PD, che mercoledì hanno votato in blocco la risoluzione. Fanno eccezione Marco Tarquinio e Cecilia Strada, che si sono astenuti ma sono stati eletti come indipendenti. Hanno votato contro i deputati 5 Stelle, oggi nel gruppo Left, come i deputati di Sinistra e i Verdi di Bonelli.
La risoluzione non accenna neanche marginalmente a negoziati di tregua o di pace, e ripete l’impegno a sostenere l’Ucraina “tutto il tempo necessario a garantire la vittoria dell’Ucraina”. Chi decide i negoziati è l’amministrazione Usa: non sia mai detto che l’Europa – ben più coinvolta nella guerra – prenda iniziative eterodosse. La missione diplomatica di Viktor Orbán in Russia, Ucraina, Cina, Azerbaigian, Stati Uniti è condannata con sdegno dall’europarlamento e da von der Leyen, che parlando di appeasement (pacificazione) mette sullo stesso piano Putin e Hitler.
Il Presidente ungherese è il primo in Europa a tentare una mediazione, dopo Erdogan, ma il verdetto delle istituzioni Ue è feroce: la pace non s’ha da fare, né domani né mai. Specie se a negoziare è Orbán, che non è democratico (come se Erdogan o Xi Jinping lo fossero). Inoltre, vanno “estese le sanzioni nei confronti di Russia e Bielorussia”. L’Unione ha già adottato 14 pacchetti di sanzioni, ma il Parlamento è insaziabile.
Due conclusioni si possono trarre da questa votazione. Le divisioni fra governo e opposizione che esistono in Italia si dissolvono a Bruxelles, in nome dell’immutata sacra alleanza fra Popolari, Socialisti, Liberali e se necessario Verdi. I deputati Pd si dissociano dunque, sprezzanti, dalla linea di Elly Schlein. Linea ambigua, ma ferma sull’opportunità di negoziati. Il 29 maggio la segretaria aveva detto in un’intervista alla Tv: “Ho letto le dichiarazioni di Macron sull’ipotesi di togliere le limitazioni all’uso delle armi fornite dagli europei all’Ucraina per colpire obiettivi in Russia. (…) Noi non siamo d’accordo: siamo per evitare un’escalation con un ingresso diretto della UE in guerra con la Russia”. E aveva aggiunto, perché le cose fossero chiare: “La linea di politica estera del Pd è quella che ho appena rappresentato”.
Le cose tuttavia non sono affatto chiare, come risulta dal voto dei suoi eurodeputati. La delegazione Pd nel Parlamento europeo resta neoconservatrice in politica estera e di difesa come nella precedente legislatura. Scompare infine qualsiasi accenno alle zone frontaliere russe, oltre le quali fino a poco fa sembrava vietato colpire coi missili. L’inasprimento sarà confermato dal nuovo Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, l’ex Premier estone Kaja Kallas. In patria è chiamata Dama di Ferro ed è molto discussa: lei è ai limiti della russofobia, mentre il marito ha fatto affari con la Russia. Sull’Ucraina non sarà diversa dal predecessore Josep Borrell, ma difficilmente sarà severa con Israele come lo è stato lui.
Seconda conclusione: il Parlamento europeo non risponde alla volontà dei propri elettori, contrari in tutti i paesi a un confronto diretto Occidente-Russia. Ignora la storia delle relazioni occidentali con Mosca dopo la fine dell’Urss, e fa propria la fraseologia dell’Alleanza Atlantica. Al pari di Ursula von der Leyen, non esita a tramutare sé stesso e tutta l’Unione in dispositivi della Nato. Finge a parole una sovranità strategica e pratica la sottomissione agli Stati Uniti. Unico motivo di sollievo: le sue risoluzioni bellicose non sono vincolanti, perché la politica estera non è competenza dell’UE ma degli Stati.
Ci si può chiedere come possa succedere che l’europarlamento produca risoluzioni così lontane dalle volontà dei governi e degli elettori. Una prima spiegazione potrebbe essere questa: il Parlamento ha poteri limitati, e soprattutto in politica estera e di difesa può solo sproloquiare: la sua irresponsabilità non è associata al potere. Ma c’è di più. Il Parlamento non ha una maggioranza e un’opposizione simili a quelle che esistono negli Stati membri, e non è confrontato con un governo che rappresenti l’una o l’altra parte.
La Commissione nasce da un accordo fra Stati, completamente dissociato dagli esiti del voto europeo. È una governance tecnocratica, non un governo politico. E nel Parlamento regna il consociativismo, la convergenza sistematica cui si oppongono solo estrema destra e sinistra di Left. Tutte le risoluzioni, ma anche i testi legislativi – le direttive, i regolamenti subito applicabili negli Stati – nascono da un mercanteggiamento sfibrante fra i vari gruppi parlamentari (nelle commissioni, nei negoziati che formulano i testi da sottoporre al voto nelle plenarie). Il mercanteggiamento deve produrre testi che accontentino tutti: relatori principali e “relatori ombra” per ciascun gruppo, e anche Commissione e Stati membri per le direttive e i regolamenti. Per forza ogni asperità è cancellata.
Spesso si sente dire che l’arte del compromesso praticata a Bruxelles e Strasburgo è un modello: un fulgido esempio di armonia e di consenso. I media francesi elogiano ininterrottamente questa virtù, negli ultimi giorni, contrapponendola ai vizi del proprio Parlamento diviso. Ma il consenso fatto di ripetute compromissioni non è sinonimo di democrazia, né in Francia né in Europa.
EURASIA
Dopo la scontata, ma non per questo meno scandalosa, elezione di von der Leyen a capo di quel sinedrio di potere chiamato Commissione europea, il continente sta sprofondando nel non senso. Non senso politico ed economico, non senso sociale e vista la situazione generale non senso bellico. Forse prima di tutto occorrerebbe chiarire che se il Parlamento non avesse dato garanzia di votarla – come è già successo con Barroso – non sarebbe successo nulla, si sarebbe stabilita una nuova data per l’elezione a settembre – ottobre per dare il tempo di acquisire nuovi voti con una campagna acquisti e se anche questa manovra fosse fallita si sarebbe rinviato ancora. Il Parlamento di Strasburgo non può votare qualcun altro perché il suo ruolo è solo consultivo e un’assemblea con 160 partiti appartenenti a 27 nazioni è facilmente dominabile qualunque sia l’esito delle elezioni europee. Noi siamo un dominion degli Usa e questa realtà si riflette anche nella costruzione di istituzioni insensate e perciò facilmente controllabili.
Certo la bocciatura di Ursula avrebbe aperto un baratro politico che tuttavia non avrebbe possibilità di essere risolto all’interno delle istituzioni europee, ma si rifletterebbe sui governi nazionali che sono a loro volta gli autori di una scelta così disgraziata. Ecco perché sprofondiamo allegramente nel non senso. Ci sono avvenimenti molto più importanti di questa elezione snobbata dall’informazione internazionale che punteggiano questa estate: per esempio la conferenza della Sco ad Astana. Assieme ai Brics, la Shanghai Cooperation Organization, nata all’indomani dell’11 settembre, è diventata uno dei punti chiave del mondo multipolare e multinodale. Nel recente vertice di Astana hanno partecipato i 9 membri che includono, tra l’altro, Russia, Cina, India, Pakistan e Iran, più il nuovo arrivato la Bielorussia e osservatori interessati come la Turchia e l’Azerbaigian. Insomma si è riunito a un tavolo il mondo che non ne può più dell’ordine mondiale basato su regole sempre variabili e fondate sugli interessi del momento.
Essi stanno mettendo in piedi un nuovo sistema di sicurezza dell’Eurasia ( ecco perché le truppe cinesi in Bielorussia). Questi Paesi ritengono che non sia più possibile un ordine internazionale fondato essenzialmente sulla Nato come poliziotto armato del mondo perché è incentrato solo sull’Occidente, mentre le altre regioni del mondo che sono fra l’altro di gran lunga le più popolose e con economia reale in crescita, vengono completamente ignorate e possibilmente sfruttate. Quindi ora propongono l’indivisibilità del sistema di sicurezza per tutta l’Eurasia, dove anche i Paesi dell’Europa sono benvenuti. La geopolitica delle partnership sta cambiando completamente la mappatura tradizionale della geopolitica classica e l’impero americano non è più in grado di controllare l’Asia, sia l’Hearthland che il Rimland (la zona costiera dell’Eurasia come si può vedere dalla cartina in apertura del post ) e competere con troppi avversari contemporaneamente. Anzi a questo punto un avversario basta avanza e come dimostra il conflitto ucraino. Nei prossimi anni assisteremo alla convergenza dell’intero continente euroasiatico grazie a organizzazioni multipolari e multilaterali, come Brics, Sco, le operazioni della via della Seta, l’ Economic Union, l’Asia Infrastructure Investment Bank e altre, in grado di offrire alternative molto più convenienti rispetto ai meccanismi economici controllati dall’Occidente, ma in definitiva da Washington.
A tutto questo potremmo partecipare come principale Paese di quel cruciale mare interno che è il Mediterraneo, così come altri Paesi dell’Europa potrebbero giocare un ruolo importante in questo nuovo mondo che si disegna ogni giorno di più chiaramente, che ieri era solo una lieve filigrana ed oggi invece emerge come tratto distinto e incisivo. È proprio per questo che ci impongono, grazie a insensate costruzioni istituzionali come la Ue o a democrazie controllate ( vedi il caso francese) burattini come la von der Leyen che sono i garanti della guerra infinita con cui Washington spera di rallentare se non arrestare questo processo. Ci tengono rinchiusi nel passato facendoci credere che sia il futuro.
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