IL MONARCATO da IL MANIFESTO e IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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IL MONARCATO da IL MANIFESTO e IL FATTO

Tra Msi e Arcore, l’eclettismo letale di Giorgia Meloni

Monarcato Nella forma e nella sostanza (seppur con una buona dose di aggressività in più), siamo in continuità con gli anni ruggenti del berlusconismo. Quelli che Giorgia Meloni ha attraversato in posizione tutt’altro che defilata

Valentina Pazé  02/02/2025

«C’è una questione nuova, che mi pare eclatante e credo anche senza precedenti». Con queste parole il ministro per i Rapporti con il Parlamento Ciriani ha tentato maldestramente di giustificare il rifiuto di Meloni, Nordio e Piantedosi di presentarsi in Parlamento per riferire sul caso Elmasry.

L’inaudita novità consisterebbe, per Ciriani, nella circostanza che la presidente del Consiglio e alcuni dei suoi ministri sono stati iscritti nel registro degli indagati. Un evento che non capita tutti i giorni, certo. Ma che non è affatto un inedito nella storia del nostro paese e, soprattutto, non rappresenta niente di abnorme in uno Stato costituzionale di diritto. In cui, per definizione, nessuno, neppure il capo del governo, è al di sopra della legge e può ritenersi immune da controlli di legalità.

Nel caso specifico – come è noto – l’accusa ha a che fare con la mancata esecuzione di un ordine di arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale. La stessa Corte tornata alla ribalta negli ultimi mesi per aver assunto un analogo provvedimento nei confronti di Netanyahu e Gallant (oltre che dei capi di Hamas), accusati di crimini di guerra e contro l’umanità. In quell’occasione in molti avevamo sperato nell’inizio di una nuova stagione della giustizia internazionale e in una ritrovata centralità della Cpi, riscattatasi dall’accusa di “doppio standard” che le era stata spesso rivolta. Ma la totale ineffettività di quel pronunciamento, e di quelli con cui la Corte Internazionale di Giustizia ha intimato a Israele di fermare il genocidio, fanno temere che ciò cui stiamo assistendo sia l’atto di morte, anziché di (ri)-nascita, del diritto internazionale.
Ed ecco deflagrare il caso Elmasry.

Questo sì davvero nuovo e senza precedenti. Perché un conto è lasciar trapelare, più o meno ufficiosamente, l’intenzione di garantire l’immunità a Netanyahu nel caso, altamente improbabile, che si avventuri a calpestare il suolo di un paese firmatario dello Statuto di Roma (come aveva fatto Tajani); un altro è sfidare frontalmente la Corte, attivandosi in concreto per sottrarre alla giustizia un soggetto accusato di reati gravissimi, che si trovava in custodia in un carcere italiano. Un precedente inaudito, preoccupante avvisaglia di quello che potrebbe essere il futuro (dis)-ordine internazionale. Che allinea l’Italia, in anticipo su altri paesi europei, al nuovo corso trumpiano, rafforzando ulteriormente, come solo la complicità nel crimine può fare, il legame che già avvinceva Giorgia Meloni al plutocrate d’oltreoceano.

Nuova e senza precedenti è anche la decisione del governo di sospendere i lavori del Parlamento in risposta alla richiesta delle opposizioni di riferire in aula. Se, sul piano internazionale, il malcelato disprezzo per la Cpi e l’Onu certifica la regressione verso una concezione assoluta della sovranità esterna (nelle relazioni tra Stati), l’attacco ai giudici e al parlamento segnala l’insofferenza nei confronti dei limiti alla sovranità interna (riguardante i rapporti tra lo Stato e i suoi cittadini). Ossia il ritorno a una concezione assolutistica, pre-costituzionale, del potere, in cui chi governa è al di sopra delle regole e non è tenuto a rispondere delle sue scelte né ai giudici né ai rappresentanti dei cittadini.

In fuga dal parlamento, la presidente del Consiglio si è rivolta direttamente al popolo, via video. Non per chiarire i contorni della vicenda che la riguarda, ma per evocare complotti, giurare che non è ricattabile, attaccare i giudici “politicizzati” che pretendono di governare al suo posto, senza il crisma della legittimazione elettorale.

Niente di nuovo sotto il sole, in questo caso. Nella forma e nella sostanza (seppur con una buona dose di aggressività in più), siamo in continuità con gli anni ruggenti del berlusconismo. Quelli che Giorgia Meloni ha attraversato in posizione tutt’altro che defilata, rivestendo la carica di ministro per la Gioventù nel quarto governo Berlusconi. Più a suo agio, in genere, nei panni di nipotina di Almirante che in quelli di frequentatrice di Arcore, la presidente del Consiglio mostra oggi di saper mettere a frutto la lezione di entrambi i suoi mentori. Se questi due anni e mezzo di governo, all’insegna della guerra contro i poveri, hanno certificato la sua definitiva rottura con la tradizione della destra sociale (suggellata dall’abbraccio con Elon Musk), l’accanimento contro i migranti e l’ossessione per la “sostituzione etnica” rimandano alla radice mai recisa con la cultura del ventennio.

Ma è nella concezione della politica che si ritrova la perfetta sintesi di una storia all’insegna dell’eclettismo: populismo mediatico e repressione sistematica del dissenso. Un mix micidiale, con cui dovremo fare i conti ancora a lungo.

Ha stato Conte

Marco Travaglio  2 Febbraio 2025

Problema: come nascondere lo scandalo di un governo che libera un torturatore ricercato dalla Cpi e dice di averlo fatto perché è un criminale pericoloso, dopo aver sempre detto che i delinquenti pericolosi vanno arrestati buttando via la chiave per evitare che continuino a delinquere? Soluzione: si segue la linea Ferragni sventolando al posto delle corna le idee politiche del pm Lo Voi e dell’avvocato Li Gotti per non parlare delle loro azioni (una denuncia legittima e un atto dovuto). Problema: come trasformare Li Gotti e Lo Voi, uomini di destra, per giunta incensurati, in due comunisti sfegatati? Soluzione: si cercano scudi umani che non hanno una faccia e dunque non temono di perderla, e li si sguinzaglia nei media. Così Li Gotti, ex militante del Msi e di An, poi dipietrista e sottosegretario nel Prodi-2, diventa un amico di Prodi, anche se non l’ha mai frequentato (i sottosegretari non partecipano ai Cdm). E Lo Voi, da sempre esponente e dirigente della corrente destrorsa MI, diventa una toga rossa anche se le correnti di sinistra l’han sempre osteggiato in ogni nomina. Infatti divenne procuratore di Palermo e di Roma coi voti al Csm dei laici e dei togati di destra.

Si poteva andare sul sicuro urlando “Ha stato Putin”, o “la Wagner”, o “gli hacker russi”, che si portano su tutto. Ma poi si doveva spiegare come mai la Cpi vuole arrestare pure Putin. Meglio un altro classico del complottismo, non solo meloniano, ma trasversale: “Ha stato Conte”. Funziona sempre benissimo. Frana a Ischia? Colpa del condono edilizio di Conte, che naturalmente non ha mai fatto condoni edilizi. Il governo non ha soldi per la Finanziaria perché ha firmato il Patto di stabilità che ci fa partire ogni anno da -13 miliardi? Colpa di Conte che ha fatto il Superbonus (volàno del boom post-Covid, applaudito e sostenuto per quattro anni dalle destre). Il governo non riesce a spendere i 209 miliardi del Pnrr? Colpa di Conte che ha strappato troppi soldi dall’Europa: doveva battere i pugni per non ottenere neppure un euro. Il Messaggero lo tirò in ballo persino su una strage di quattro donne a Roma: “Il killer aveva il reddito di cittadinanza”. Rep svelò un “record di ladri acrobati grazie alle impalcature del Superbonus”. Poi Conte fu linciato persino per due giorni di ferie a Cortina e perché d’inverno indossa financo un maglione dolcevita. Possibile che non c’entri anche col caso Almasri? Certo che c’entra: quel gran genio di Fazzolari l’ha sgamato l’altroieri: nel 2021 pensò di nominare Lo Voi alla Cpi. Il classico processo alle intenzioni, peraltro presunte visto che non lo nominò. L’unica nomina Lo Voi la ebbe nel 2010 a Eurojust grazie al governo B.. Dov’era ministra la Meloni. Quindi non si scappa: ha stato Conte.

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