IL DISEGNO GOVERNATIVO IN CLASSE da IL MANIFESTO
Il disegno governativo in classe
Scuola Un recente caso ha sollevato preoccupazioni sulla libertà d’insegnamento in Italia
Lucio Biasiori, Vincenzo Lavenia 18/04/2025
Un recente caso ha sollevato preoccupazioni sulla libertà d’insegnamento in Italia. Come segnalato da Michele Lucivero su Roars, la casa editrice Clitt del gruppo Zanichelli ha pubblicato un manuale di Scienze sociali in inglese per gli istituti professionali contenente un riadattamento di un articolo della Ong Human Rights Watch sulla revisione, operata dal governo Conte II, del decreto Sicurezza firmato dal precedente governo giallo-verde in materia di immigrazione e sicurezza.
Come si può verificare anche in rete, il testo della Ong si limitava a registrare le modifiche introdotte dal nuovo decreto rispetto alle precedenti e più restrittive misure. Il ministero dell’Istruzione (e del Merito!) ha però espresso delle riserve e così l’editore ha ritirato il libro dal commercio, rimuovendo la scheda dalla versione online e sostituendo nel cartaceo il contenuto oggetto di segnalazione col testo della legge.
In più, ha inviato una comunicazione ufficiale, sottoscritta dalla direttrice generale del ministero, ai dirigenti delle scuole che avevano adottato il libro.
Se leggiamo questa vicenda accostandola alle intenzioni ideologiche delle Nuove indicazioni nazionali per l’insegnamento della storia nella scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, l’episodio solleva interrogativi sul ruolo del governo nel controllo di temi considerati controversi nei libri di testo e, quindi, sulla libertà d’insegnamento garantita dalla Costituzione.
Frutto del lavoro di una commissione nominata dal ministro Valditara e presieduta da Ernesto Galli della Loggia, le Indicazioni sulla storia si aprono con questa frase sconcertante: «Solo l’Occidente conosce la Storia». La frase, comprensibilmente, ha suscitato un vespaio di polemiche. A sostegno di questa affermazione – falsa, oltreché ingiusta – viene chiamato in causa il più importante storico del Novecento e un martire della resistenza al nazifascismo come Marc Bloch che è stato un maestro della storia comparata, una forma di conoscenza agli antipodi dell’idea del documento.
Negli incontri che ha tenuto con i presidenti delle principali società storiche del paese, Galli della Loggia ha rivendicato il carattere ideologico delle indicazioni: per lui si tratta di porre rimedio al debole sentimento nazionale italiano e non di aiutare una generazione di studenti e di studentesse, provenienti tra l’altro da un’Italia infinitamente più multiculturale e multietnica di quella che i membri della commissione hanno visto durante i loro anni di scuola, a comprendere il presente alla luce del passato.
Per di più, al di là del preambolo, il resto di queste indicazioni nazionali, in particolare la parte volta a definire i contenuti dei programmi di insegnamento, si configura come uno strumento per dettare un programma che a sua volta si dovrebbe tradurre – ci risiamo – in una futura e radicale riscrittura dei manuali scolastici, dove il caso della correzione richiesta dal ministero e prontamente accolta dall’editore non sarà più l’eccezione ma rischierebbe di diventare la regola.
Dopo l’Unità d’Italia, i membri del Sant’Uffizio erano così inquietati dalla libertà di insegnamento nelle scuole laiche del Regno da chiedere ai governi liberali di censurare i testi di insegnamento, a loro dire sovversivi e irrispettosi della tradizione cattolica. Durante il regime di Mussolini gli scolari erano indottrinati coi miti classici e le storie edificanti di un Risorgimento riscritto a uso del fascismo (le stesse che Galli della Loggia ricorda con nostalgia). Le favole e la religione stavano prima della comprensione razionale; la nazione aveva bisogno di eroi, in vista dello scontro militare coi suoi nemici.
Il governo e gli intellettuali che arruola vogliono forse una scuola che formi soldati, più che cittadini? Vogliono una scuola che insegni l’esclusione e insista sul primato dell’Occidente? O si tratta dell’ennesimo segnale di un revanscismo ideologico che mette a nudo la crisi irreversibile di questa parte di mondo? C’è da augurarsi che gli storici, gli insegnanti, gli editori e chiunque possieda ancora spirito critico e senso della realtà non ceda alla deriva.
Vincenzo Lavenia
Insegna Storia moderna all’Università di Bologna
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