IL COLLE FRENA MELONI: LOTTA ALLA CRIMINALITÀ, NON SI PUÒ ARRETRARE da IL FATTO e IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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IL COLLE FRENA MELONI: LOTTA ALLA CRIMINALITÀ, NON SI PUÒ ARRETRARE da IL FATTO e IL MANIFESTO

Nordio la pensa come B. e non come Falcone

 

GIAN CARLO CASELLI  14 LUGLIO 2023

Un Nordio al giorno toglie il giudice di torno. La parafrasi del noto motto salutistico vien bene a fronte della raffica di esternazioni del Guardasigilli Carlo Nordio. Oggi tocca al concorso esterno in associazione mafiosa.

Ridotta all’osso la questione è chiara. Le mafie sono sì organizzazioni criminali di tipo gangsteristico (traffici di armi, droghe e rifiuti tossici; pizzo; gioco d’azzardo; contraffazioni ecc.), ma non sono soltanto questo. Sono forti anche se non soprattutto per gli appoggi (coperture, collusioni, connivenze) di cui godono in settori del mondo apparentemente legale. Questo è il vero nerbo, la vera spina dorsale del loro potere. Che spiega come da oltre due secoli le mafie impestino il nostro Paese, cosa che nessuna banda di gangster al mondo è mai riuscita a uguagliare. Per cui se si colpisce soltanto l’ala militare della organizzazione criminale, risparmiando le relazioni esterne o zona grigia o borghesia mafiosa che dir si voglia, l’antimafia ne risulterà inesorabilmente dimezzata e perdente.

Giovanni Falcone era ben consapevole di tutto ciò. Tant’è che nella ordinanza-sentenza conclusiva del maxi ter scritta il 17 luglio 1987 con gli altri magistrati del pool di Palermo, testualmente affermava: “(vi sono) manifestazioni di connivenza e di collusioni da parte di persone inserite nelle pubbliche istituzioni (che) possono – eventualmente – realizzare condotte di fiancheggiamento del potere mafioso, tanto più pericolose quanto più subdole e striscianti , sussumibili – a titolo concorsuale – nel delitto di associazione mafiosa. Ed è proprio questa ‘convergenza di interessi’ col potere mafioso (…) che costituisce una delle cause maggiormente rilevanti della crescita di Cosa nostra e della sua natura di contropotere, nonché, correlativamente, delle difficoltà incontrate nel reprimerne le manifestazioni criminali”.

Silvio Berlusconi era invece di tutt’altro avviso. Difatti, in due interviste del 4 settembre 2003 alla Voce di Rimini e al periodico inglese The Spectator, dichiarò che “a Palermo la nostra magistratura comunista, di sinistra, ha creato un reato, un tipo di delitto che non è nel Codice; è il concorso esterno in associazione mafiosa (forse aveva in mente il processo a carico di Marcello Dell’Utri, condannato a sette anni di reclusione).

E il ministro Nordio, con chi sta? Senza ombra di dubbio con Berlusconi. Anch’egli si dichiara convinto che il reato di concorso esterno non compare nel codice penale, per aggiungere che è solo una interpretazione della giurisprudenza, un reato evanescente, da rimodulare.

Ora, a parte che non riesco proprio a capire (ma non sono un ministro…) come faccia la giurisprudenza a intervenire se non c’è già un reato previsto e punito da una norma di legge da interpretare e applicare; a parte che neppure riesco a capire come si possa pretendere di rimodulare un reato inesistente; a parte tutto questo, basta sfogliare un qualunque manuale di base per apprendere che la figura del concorso esterno in associazione mafiosa altro non è che una delle tante applicazioni concrete del concorso di persone, previsto per tutti i reati dall’art. 110 del codice penale. Quindi non uno strappo alle regole dell’ordinamento. Nessuno scandalo. Urlare il contrario equivale a non capire quel che si dice o capirlo persino troppo bene.

Quel che appare evidente è che il “nostro” Guardasigilli si muove e opera sotto l’insegna “Silvio è vivo e lotta insieme a noi”. Vale a dire che si considera epigono ed erede spirituale di Berlusconi in parole, opere e intenzioni. Per non dire della tendenza (comune a Chigi e via Arenula, per di più con l’uso di veline anonime) di strillare al complotto di giudici politicizzati che vorrebbero sfruttare il caso del sottosegretario Delmastro. Mentre sarebbe piuttosto il caso di preoccuparsi della qualità della nostra democrazia costituzionale fondata sulla separazione dei poteri.

Il Colle frena Meloni: lotta alla criminalità, non si può arretrare

Colloquio «ad ampio raggio» dopo il vertice Nato a Vilnius, il capo dello Stato è preoccupato per lo scontro tra il governo e le toghe

Andrea Colombo  14/07/2023

Nella riunione del Consiglio supremo di difesa, sul Colle, l’argomento è l’esito del vertice Nato a Vilnius. Quando i due più autorevoli partecipanti, i presidenti della Repubblica e del Consiglio, si appartano per un colloqui «costruttivo e ad ampio raggio», come filtra dal Quirinale. Sul tavolo finisce però giocoforza anche la giustizia. Non solo e forse neppure come argomento principale: il 27 luglio è in programma la visita della premier a Washington e per quanto manchino ancora due settimane non c’è argomento più centrale di quello.

CHE MATTARELLA SIA preoccupato per la tempesta che si è addensata sulla giustizia è evidente: mercoledì era stato il Quirinale stesso a far capire che l’incontro del capo dello Stato con i vertici della Cassazione aveva un significato simbolico che andava molto oltre l’ordinario, era cioè una manifestazione di solidarietà con la magistratura, e ad anticipare il colloquio di oggi con Giorgia Meloni, che è durato oltre un’ora. Segno chiaro che il capo dello Stato ritiene urgente che i toni si abbassino da tutte le parti e che il nuovo scontro tra politica e magistratura venga sedato sul nascere. «È interesse di tutti, anche dello stesso governo», dicono senza perifrasi dal Quirinale.

LA PREOCCUPAZIONE DEL presidente non riguarda solo i rapporti tra poteri dello Stato, capitolo già delicatissimo, ma anche quelli con l’Europa e in un momento come questo, con il Pnrr al palo e la riscrittura del Patto di stabilità dietro l’angolo, la faccenda è altrettanto delicata. Per l’Europa non abbassare di un millimetro la guardia nel contrasto a criminalità e corruzione è imperativo e lo è tanto più con i miliardi del Pnrr di mezzo. Nel ddl giustizia l’abolizione secca dell’abuso d’ufficio rischia di confliggere anche formalmente con le norme europee. La cancellazione del traffico di influenze non pone problemi formali, ma è un segnale che Bruxelles potrebbe prendere male.

LA RIMODULAZIONE del concorso esterno annunciata dal guardasigilli Nordio e smentito dal sottosegretario Mantovano sarebbe ben peggio: per l’Europa sarebbe un segno evidente di cedimento nel contrasto alla criminalità. Uno degli obiettivi che il presidente si proponeva di raggiungere con il colloquio di ieri era proprio capire se il governo intende davvero procedere su quella via. I contenuti del faccia a faccia con Meloni sono ovviamente coperti dalla doverosa discrezione, ma ci si può immaginare facilmente la posizione della premier sulla base di quanto affermato dal sottosegretario a lei più vicino, Alfredo Mantovano: «Modificare il concorso esterno in associazione mafiosa non è un tema in discussione, il governo non farà alcun passo indietro nella lotta alla criminalità organizzata. Ci sono altre priorità». Capitolo chiuso e rimodulazione affondata con piena soddisfazione del capo dello Stato.

SUL DDL GIUSTIZIA, quello con l’abolizione dell’abuso d’ufficio in attesa di firma presidenziale, la situazione è più sfumata. Che al presidente il testo non piaccia affatto è il segreto di Pulcinella, ma al momento non intende intervenire, neppure solo con rilievi espliciti o con dichiarazioni allusive. L’ipotesi di negare la firma, poi, è pura fantapolitica. Non avrebbe senso con una legge che deve ancora passare al vaglio del Parlamento e che dunque può essere modificata e probabilmente lo sarà. Di certo però Mattarella si sta spendendo per spingere il governo ad accettare alcune modifiche, tramite emendamenti, sia per rassicurare l’Europa, sia anche come segnale di disponibilità e di conseguenza di pacificazione. Sulla posta più grossa in gioco, la separazione delle carriere, è escluso che il capo dello Stato discuta oggi un progetto che al momento non esiste. L’importante è calmare le acque e rendere così automaticamente più difficile l’eventuale decisione di scatenare un guerra totale contro la magistratura.

SE NON CI SARANNO dichiarazioni esplicite è però probabile che nei prossimi giorni Mattarella, complice anche l’anniversario della strage di via D’Amelio, trovi modo di dire chiaramente che contro la criminalità non si deve muovere neppure un passettino indietro e chi deve capire capirà.

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