I DOCENTI ITALIANI E ISRAELIANI SI UNISCANO PER LA MORATORIA da IL FATTO
I docenti italiani e israeliani si uniscano per la moratoria
EUGENIO MAZZARELLA 12 APRILE 2024
Dopo l’Università di Torino anche la Normale di Pisa ha approvato una mozione che invita il governo a “riconsiderare” il bando di ricerca scientifica comune tra Italia e Israele, dove ci sono materie di ricerca sensibili per i loro risvolti militari, per dare un concreto segnale di vicinanza non ad Hamas, ma al popolo di Gaza e alle ragioni della pace. Subito è partita la contraerea della retorica dell’antisemitismo pro-Israele a dare una sostanziale copertura alla politica di Netanyahu di azzeramento sul campo della questione palestinese e della prospettiva di due popoli, due Stati. Prospettiva ormai di puro intrattenimento linguistico, mentre Netanyahu con il suo esercito e i suoi coloni si porta avanti con il lavoro, grazie al quale per i due Stati non c’è più terra, essendosela presa tutta Israele, e quel che resta da fare è come liberarsi in un modo o in un altro di un popolo ormai senza terra, pericolosamente orientato al terrorismo, e chiudere così definitivamente la questione.
Il ministro Bernini si è limitata a dire per ora che la ricerca scientifica non si boicotta e gli atenei non fanno politica. Mi spiace argomentare che questa è una boutade. Ho fatto parte di un’università fondata da Federico II 800 anni fa proprio per dare sostanza ideologica e politica ai suoi progetti imperiali. In sostanza, dai tempi degli Egizi e dei mandarini, i “preti” (oggi Chomsky li chiamerebbe gli intellettuali) sono stati tra gli arcani fondamentali delle carte del Potere. Pensare che la ricerca scientifica ai tempi della guerra ibrida tra sistemi d’arma assistiti dall’IA, sanzioni economiche studiate nei loro effetti sull’avversario, tecnologie di controllo e di propaganda ai fini di orientare in un senso o in un altro le opinioni pubbliche, politiche energetiche e quant’altro, non faccia o non contribuisca alla politica, è credere o voler far credere che gli asini volano. Quindi il tema posto a Torino, a Pisa, e dagli studenti, c’è. Basta fingere di non vederlo. O si smetta di far studiare ai nostri ragazzi Bacone, e la sua tesi che “sapere è potere”, anche di far male agli altri, oltre che di fargli tantissimo bene. La ricerca scientifica non sono le Olimpiadi.
Quindi che fare? Personalmente inviterei i colleghi italiani impegnati in ricerche militarmente sensibili con colleghi israeliani non a cessare le collaborazioni, o a chiedere al governo di non promuoverle, ma a chiedere ai loro colleghi israeliani una comune moratoria delle loro ricerche, e a promuovere nelle università israeliane una moratoria delle ricerche militarmente sensibili finché il loro governo non cessi la ormai ignobile rappresaglia contro un intero popolo. Servirebbe anche a capire quanti tra i “preti” israeliani della ricerca, e degli ideali di sviluppo delle conoscenze per il bene dell’umanità della “libera” scienza, siano avversi non alla sicurezza del loro Paese, che nessuno può voler mettere in discussione, ma alla politica di Netanyahu. E disposti a dare una mano al concetto che anche i palestinesi abbiano diritto a vivere liberi almeno in un paio di stanze della terra che fu loro.
Se questo invito nella “repubblica delle scienze” da parte degli scienziati italiani non sortisse effetti tra i loro colleghi israeliani, i ricercatori italiani hanno sempre la possibilità di disertare i bandi che il ministero vorrà bandire, e di finanziare magari in proprio bandi di ricerca sulle ragioni della pace. E invito gli studenti a non farsi strumentalizzare. A non alzare un dito di violenza nella testimonianza delle loro ragioni. Neanche uno striscione gettato a terra con troppa forza. È il modo migliore di scolpire negli occhi dell’opinione pubblica i torti degli altri. E la loro ipocrisia.
I docenti italiani e israeliani si uniscano per la moratoria
EUGENIO MAZZARELLA 12 APRILE 2024
Dopo l’Università di Torino anche la Normale di Pisa ha approvato una mozione che invita il governo a “riconsiderare” il bando di ricerca scientifica comune tra Italia e Israele, dove ci sono materie di ricerca sensibili per i loro risvolti militari, per dare un concreto segnale di vicinanza non ad Hamas, ma al popolo di Gaza e alle ragioni della pace. Subito è partita la contraerea della retorica dell’antisemitismo pro-Israele a dare una sostanziale copertura alla politica di Netanyahu di azzeramento sul campo della questione palestinese e della prospettiva di due popoli, due Stati. Prospettiva ormai di puro intrattenimento linguistico, mentre Netanyahu con il suo esercito e i suoi coloni si porta avanti con il lavoro, grazie al quale per i due Stati non c’è più terra, essendosela presa tutta Israele, e quel che resta da fare è come liberarsi in un modo o in un altro di un popolo ormai senza terra, pericolosamente orientato al terrorismo, e chiudere così definitivamente la questione.
Il ministro Bernini si è limitata a dire per ora che la ricerca scientifica non si boicotta e gli atenei non fanno politica. Mi spiace argomentare che questa è una boutade. Ho fatto parte di un’università fondata da Federico II 800 anni fa proprio per dare sostanza ideologica e politica ai suoi progetti imperiali. In sostanza, dai tempi degli Egizi e dei mandarini, i “preti” (oggi Chomsky li chiamerebbe gli intellettuali) sono stati tra gli arcani fondamentali delle carte del Potere. Pensare che la ricerca scientifica ai tempi della guerra ibrida tra sistemi d’arma assistiti dall’IA, sanzioni economiche studiate nei loro effetti sull’avversario, tecnologie di controllo e di propaganda ai fini di orientare in un senso o in un altro le opinioni pubbliche, politiche energetiche e quant’altro, non faccia o non contribuisca alla politica, è credere o voler far credere che gli asini volano. Quindi il tema posto a Torino, a Pisa, e dagli studenti, c’è. Basta fingere di non vederlo. O si smetta di far studiare ai nostri ragazzi Bacone, e la sua tesi che “sapere è potere”, anche di far male agli altri, oltre che di fargli tantissimo bene. La ricerca scientifica non sono le Olimpiadi.
Quindi che fare? Personalmente inviterei i colleghi italiani impegnati in ricerche militarmente sensibili con colleghi israeliani non a cessare le collaborazioni, o a chiedere al governo di non promuoverle, ma a chiedere ai loro colleghi israeliani una comune moratoria delle loro ricerche, e a promuovere nelle università israeliane una moratoria delle ricerche militarmente sensibili finché il loro governo non cessi la ormai ignobile rappresaglia contro un intero popolo. Servirebbe anche a capire quanti tra i “preti” israeliani della ricerca, e degli ideali di sviluppo delle conoscenze per il bene dell’umanità della “libera” scienza, siano avversi non alla sicurezza del loro Paese, che nessuno può voler mettere in discussione, ma alla politica di Netanyahu. E disposti a dare una mano al concetto che anche i palestinesi abbiano diritto a vivere liberi almeno in un paio di stanze della terra che fu loro.
Se questo invito nella “repubblica delle scienze” da parte degli scienziati italiani non sortisse effetti tra i loro colleghi israeliani, i ricercatori italiani hanno sempre la possibilità di disertare i bandi che il ministero vorrà bandire, e di finanziare magari in proprio bandi di ricerca sulle ragioni della pace. E invito gli studenti a non farsi strumentalizzare. A non alzare un dito di violenza nella testimonianza delle loro ragioni. Neanche uno striscione gettato a terra con troppa forza. È il modo migliore di scolpire negli occhi dell’opinione pubblica i torti degli altri. E la loro ipocrisia.
No Comments