EVASIONE FISCALE E RDC da IL FATTO
Levano il pane ai poveri e danno 4-6 mld a Berlino per i Leopard
A CHI TOLGONO E A CHI DANNO – In due settimane Meloni cancella il reddito di cittadinanza via sms e annuncia investimenti straordinari per la guerra
TOMMASO RODANO 31 LUGLIO 2023
Questione di priorità. La politica è principalmente il mestiere di allocare risorse scarse: scegliere dove tagliare e dove investire. Questo governo ha il pregio, per usare un eufemismo, delle idee chiare: con una mano cancella una misura di contrasto alla povertà, con l’altra pianifica nuove spese per alimentare la guerra. Da una parte toglie a chi vive in condizioni di marginalità sociale, dall’altra è generoso con i produttori di armi.
È una semplificazione, è chiaro: le scelte di finanza pubblica non sono dritte come un rettilineo, gli equilibri del bilancio dello Stato sono infinitamente più complessi, ma a volte semplificare aiuta ad accorgersi di qualcosa che è proprio davanti ai propri occhi. In poco più di due settimane, dal 12 luglio a oggi, il governo italiano ha prima annunciato un investimento miliardario per dotarsi di carri armati “di ultima generazione” e poi accompagnato alla porta 169mila famiglie, avvisandole con un sms dell’interruzione del reddito di cittadinanza e invitandole ad attendere “l’eventuale presa in carico da parte dei servizi sociali”.
La prima operazione è stata resa pubblica a seguito di un’interrogazione parlamentare del M5S a cui ha risposto la sottosegretaria alla Difesa Isabella Rauti (Fratelli d’Italia) mercoledì 12 luglio. A partire dal 2024, l’Italia acquisterà una partita di tank tedeschi Leopard 2 A8 di ultima generazione. Non è ancora chiaro quante unità: più di 100, almeno 125, ma alla fine potrebbero arrivare fino a 200. L’investimento, ha spiegato Rauti “verrà ricompreso tra quelli di previsto avvio nel DPP 2023-2025 (documento programmatico pluriennale) di prossima emanazione”. La spesa oscillerà tra i 4 e i 6 miliardi di euro.
Sono interessanti le parole con cui la sottosegretaria ha spiegato l’acquisto dei carri armati: “Il deterioramento del quadro di sicurezza internazionale, principalmente a causa del conflitto russo-ucraino, ha reso necessaria una ulteriore riflessione sullo stato di efficienza complessivo dello Strumento militare”. Il clima di tensioni internazionali legate alla guerra – traduciamo – costringono l’Italia a investire sulla difesa per rendere più affidabile la sua dotazione militare. Non c’è una corrispondenza diretta tra le armi inviate a Kiev e l’investimento nei Leopard. Quella è un’altra partita, altre risorse che bisognerà mettere da parte per ricomprare quanto è stato donato all’Ucraina (l’ha ammesso Guido Crosetto, ministro della Difesa, in un’audizione a gennaio: “L’aiuto che abbiamo dato in questi mesi all’Ucraina ci impone di ripristinare le scorte che servono per la difesa nazionale”).
Questi tank, invece, parola di Rauti, serviranno ad affrontare con meno preoccupazione “il deterioramento del quadro di sicurezza internazionale”.
La seconda operazione, che dice tanto della mentalità della destra al governo, è lo stop al reddito di cittadinanza per i percettori “occupabili” a partire dal primo agosto. Misura annunciata con la legge di bilancio e ricordata ai diretti interessati con un messaggino sul telefono. Per l’anno in corso, l’entità del risparmio è modesta: 734 milioni. Il reddito sarà eliminato per tutti dal primo gennaio 2024, ma le risorse liberate non sono trascendentali.
Sarà sostituito da due strumenti palliativi introdotti dal governo Meloni: l’assegno per l’inclusione sociale e il supporto per la formazione al lavoro. Riguarderanno una platea molto inferiore, con paletti e requisiti più stringenti rispetto al rdc, ma sono comunque costosi: l’annunciato risparmio “di miliardi” è solo uno slogan.
L’assegno di inclusione sociale costerà 5,5 miliardi dal 2024 (a salire fino a 6 miliardi nel 2033), mentre il supporto per la formazione al lavoro costerà 1,5 miliardi il prossimo anno (a decrescere fino a 600 milioni di euro nel 2033). Nel complesso, le nuove misure costeranno 7 miliardi nel 2024 e una cifra molto simile negli anni a seguire. Invece, nel triennio in cui è stato erogato a pieno regime, il reddito di cittadinanza è costato in media circa 8 miliardi di euro l’anno. Il governo, cancellandolo e sostituendolo con misure più esigue e meno efficaci, risparmierà quindi poco più (o poco meno) di un miliardo l’anno. In pratica, per finanziare i nuovi tank, ci vorranno quattro, cinque o sei anni di schiaffi alla povertà. Questione di priorità, appunto.
Il Fisco di Meloni&C.: a misura di ricchi, furbi e grandi imprese
GLI INTERESSI AL GOVERNO – Gli ultimi favori si sommano a un testo che fa già sconti agli evasori, limita pm e Cassazione e aiuta i redditi più alti…
CARLO DI FOGGIA 30 LUGLIO 2023
Al penultimo giro di boa in Senato sono entrati un paio di regali a ricchi stranieri e grandi imprese. Ma le novità alla delega fiscale licenziata venerdì dalla Commissione Finanze – un “regalo agli evasori” per l’opposizione – arricchiscono, per così dire, un testo già disegnato su quei soggetti. Cose che succedono quando si affida la partita a un tributarista prestato al governo: Maurizio Leo, viceministro alle Finanze in quota FdI. La riforma fiscale andrà in aula mercoledì, il governo vuole rispedirla in ultima lettura alla Camera e ottenere l’ok finale entro la pausa estiva per iniziare a varare i decreti attuativi in autunno. Difficile che accada.
La premessa d’obbligo è che nella delega manca qualsiasi idea di usare la leva fiscale per ridurre le disuguaglianze. D’altronde l’obiettivo di fondo è arrivare alla flat tax per tutti. Nel frattempo, si procede a ridurre le aliquote Irpef da quattro a tre. Quanto costerà? Non si sa, le risorse non ci sono e la delega rispolvera il Sacro Graal del taglio delle tax expenditure (gli sconti fiscali) ma senza toccare scuola, sanità etc.. Ridurre gli scaglioni non aumenterà certo la progressività dell’Irpef, ma d’altronde il testo fa poco o nulla per invertire lo svuotamento dell’imposta che va avanti da decenni: ormai la pagano quasi solo i redditi da lavoro dipendente (e da pensione) e la riforma salva tutti i regimi cedolari sui redditi da capitale e affini, dalle plusvalenze alla cedolare sugli affitti (da estendere ai locali commerciali). Sopravvive pure la flat tax per le partite Iva. Si puntava a estenderla ai “redditi incrementali” dei dipendenti, ma alla Camera il governo ha ammesso che non ci sono i soldi e s’è buttato sulla detassazione di tredicesime e straordinari (ma solo sotto una soglia di reddito). Il testo prevede pure di rimodulare l’Iva (e azzerarla su alcuni beni) o di ridurre l’Ires a chi investe e assume, superando gradualmente l’Irap, che sparirà subito solo per le società di persone, gli studi associati e le società tra professionisti, cioè il mondo di Leo.
È sul fronte delle sanzioni che la delega dà il meglio di sé. In generale l’idea è di alleggerire la risposta punitiva dello Stato per le violazioni tributarie. La riforma vuole depenalizzare l’“evasione di necessità” cara a Berlusconi (chi dichiara ma non può pagare per “sopraggiunta impossibilità”) e spiega che il giudicato penale dovrà essere rilevante nel processo tributario e viceversa, nel senso che le definizioni del contenzioso (condoni, rottamazioni, accordi vari) saranno vincolanti per il giudice penale. Significa che chi si avvale di un’ottima difesa penale potrà usarla anche per ottenere l’annullamento della pretesa fiscale e, in senso inverso, chi ha la capacità finanziaria di definire le imposte accertate eviterà conseguenze sul fronte penale. Il governo ha già dato un assaggio della cosa nel dl Bollette depenalizzando i reati di omesso versamento di ritenute per più di 150mila euro, omesso versamento di Iva sopra i 250mila euro e indebita compensazione con crediti non spettanti oltre i 50mila euro per chi ha aderito ai condoni voluti in manovra (persino se è stato già condannato in primo grado). Si prevede poi un intervento che impedisca di cumulare sanzioni penali e tributarie per la stessa condotta, una mossa per smontare la strada tracciata dalla Cassazione. Il provvedimento è zeppo di misure così, dettate dalle imprese per azzerare pezzi di giurisprudenza dalla Suprema Corte (anche qui: se il testo lo scrive un tributarista…).
Capitolo a parte vale la decisione di eliminare sanzioni tributarie e penali per le imprese che aderiscono all’adempimento collaborativo, istituto voluto da Renzi nel 2015 per i colossi sopra il miliardo di fatturato: oggi vale per 92 imprese, il gotha della finanza italiana (Ferrero, Pirelli, Atlantia), presto si arriverà a 150, ma l’idea è di abbassare la soglia a 750 milioni, coprendo l’80% di tutto il gettito Ires. È un pallino di Leo, che in Senato ha voluto estendere la misura anche ai paperoni stranieri che spostano la residenza in Italia per redditi di almeno 1 milione: pare cucita a misura per qualcuno, magari un giorno sapremo di chi.
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