“È STATA LA NATO”: LO DICE LA NATO da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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“È STATA LA NATO”: LO DICE LA NATO da IL FATTO

“È stata la Nato”: e lo dice la Nato

“VERITÀ ACCIDENTALE”  “Putin ha scatenato il conflitto per impedire che ci avvicinassimo ai suoi confini”. Inammissibile, senonché a parlare così è stato Stoltenberg. La Ue è in bambola. Unica via d’uscita: trattare

BENJAMIN ABELOW  8 OTTOBRE 2023

Esistono due narrazioni contrastanti sulle origini della guerra d’Ucraina. Secondo una narrazione, Vladimir Putin è un aggressore di stampo hitleriano. Vuole ristabilire l’impero sovietico inghiottendo l’Ucraina e minacciando i Paesi baltici, la Polonia e le nazioni più a ovest. Questa narrazione è stata creata da Washington e Bruxelles.

È stata ripetuta dai leader europei e riecheggiata all’infinito dai media. Se accettate questa narrazione, sarete lodati come umanitari, cittadini virtuosi dell’Europa, dell’Occidente e del mondo. L’altra narrazione afferma che Putin ha invaso l’Ucraina perché ha percepito una minaccia da parte dell’Occidente, in particolare dalla progressiva militarizzazione dell’Ucraina. Questa narrazione è stata sottaciuta dai governi occidentali e derisa dai media. Se si dice che “è stata la Nato”, si viene definiti “tirapiedi del Cremlino” o “burattini di Putin”. A meno che non siate il capo della Nato.

All’inizio del mese scorso, parlando alla Commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo, il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg ha commentato la recente adesione della Finlandia all’Alleanza. Ha colto l’occasione per prendere in giro Vladimir Putin. Nel farlo, ha commesso quella che l’economista della Columbia University Jeffrey Sachs ha definito una “gaffe di Washington”. Ciò significa che “ha accidentalmente detto la verità”. Secondo Stoltenberg, “Il Presidente Putin ha dichiarato nell’autunno del 2021, e in realtà ha inviato una bozza di trattato che voleva che la Nato firmasse, di non promettere più alcun allargamento della Nato … Naturalmente, non l’abbiamo firmato. … Voleva che firmassimo quella promessa, di non allargare mai la Nato. … Abbiamo rifiutato. Così è entrato in guerra per impedire che la Nato, ancora più Nato, si avvicinasse ai suoi confini. Ha ottenuto l’esatto contrario”.

I commenti di Stoltenberg sono stati scioccanti per la loro onestà, ma nessuno avrebbe dovuto sorprendersi nel sentire che Putin “è entrato in guerra per impedire che la Nato, ancora più Nato, si avvicinasse ai suoi confini”.

A partire dagli anni ’90, diplomatici e studiosi di spicco avevano previsto un disastro se la Nato si fosse espansa verso la Russia. Tre ex ambasciatori statunitensi a Mosca – George Kennan (che sviluppò la strategia di “contenimento” dell’Urss), William Burns (attuale direttore della Cia) e Jack Matlock Jr (che contribuì a negoziare la fine della Guerra Fredda) – misero tutti in guardia contro l’espansione della Nato.

Anche importanti “falchi” si sono opposti all’espansione della Nato. Tra questi, Paul Nitze, autore di un documento segreto, noto come NSC 68, che ha guidato la politica militare degli Stati Uniti durante la Guerra Fredda, e Richard Pipes, un professore di Harvard, convinto anticomunista. Nel 1997, in una lettera aperta, 40 tra i più esperti diplomatici, militari e studiosi degli Stati Uniti affermarono che l’espansione della Nato sarebbe stata il peggior disastro di politica estera dell’intero periodo post-Guerra Fredda.

Nel 2008, pochi mesi prima che la Nato offrisse una “porta aperta” all’Ucraina e alla Georgia, l’ambasciatore Burns scrisse quanto segue in una e-mail riservata al Segretario di Stato e ad altri alti funzionari: “L’ingresso dell’Ucraina nella Nato è la più luminosa di tutte le linee rosse per l’élite russa (non solo per Putin)”. Più tardi, nel 2008, il National Intelligence Council degli Stati Uniti ha concluso che, offrendo l’adesione all’Ucraina, la Nato aveva creato un rischio reale che la Russia potesse annettere la Crimea e invadere la stessa Ucraina. Nel 2014, l’eminente politologo dell’Università di Chicago John Mearsheimer ha pubblicamente previsto che se la politica degli Stati Uniti nei confronti dell’Ucraina non fosse cambiata, la Russia avrebbe “distrutto” l’Ucraina piuttosto che lasciarla diventare un baluardo militare occidentale al confine con la Russia. Quindi, nessuno avrebbe dovuto sorprendersi di ciò che Stoltenberg si è lasciato sfuggire. L’attuale guerra non solo sta distruggendo l’Ucraina, ma sta creando un rischio reale e crescente di guerra nucleare. Questa affermazione non è propaganda russa. Si basa su un nuovo rapporto della Rand Corporation, un think-tank finanziato dalle forze armate statunitensi – quanto di più lontano dalla propaganda russa si possa immaginare. In un testo in grassetto, il rapporto Rand afferma: “Un’ulteriore escalation deliberata, compresa quella nucleare russa, è altamente plausibile”. Tale uso nucleare “potrebbe essere sorprendentemente esteso”. Se Mosca dovesse usare le armi nucleari, “questo potrebbe essere addirittura senza limiti”, possibilmente con l’utilizzo di testate strategiche.

Di fronte a prove schiaccianti sul pericolo dell’espansione della Nato, come mai le preoccupazioni occidentali su di essa sono state definite propaganda russa? In realtà non è successo. Piuttosto, noi occidentali siamo stati vittime di quella che studiosi come Noam Chomsky hanno definito la “fabbrica del consenso”. Nelle democrazie, le élites non possono attuare i loro obiettivi con un colpo di mano autoritario. Al contrario, usano il loro enorme potere per manipolare l’opinione pubblica, creando un consenso artificiale a sostegno delle politiche scelte. Troppo spesso queste politiche sono incredibilmente pericolose, crudeli e incompetenti. Secondo uno studio della Brown University, le guerre degli Stati Uniti dall’attacco alle Torri gemelle del 2001 hanno causato la morte di oltre tre milioni di persone.

C’è solo una soluzione al disastro in corso in Ucraina. Non è una buona soluzione, ma è la migliore disponibile: fare immediatamente pressione per un cessate il fuoco, seguito da una soluzione negoziata. E dobbiamo guardare in faccia la realtà. L’Ucraina non sarà integra. Saranno persi dei territori e i morti di entrambe le parti non saranno risuscitati. I 50.000 ucraini che hanno subito amputazioni non recupereranno i loro arti. Gli innumerevoli giovani russi bruciati vivi nei carri armati non torneranno dalle loro mogli, figli e genitori. Ma almeno questa terribile guerra finirà prima che le cose peggiorino per tutti o finiscano completamente fuori controllo.

Putin non doveva entrare in guerra. Ma è stato messo con le spalle al muro dalle élites di Washington e Bruxelles. Nel caso di una situazione invertita, ad esempio se la Russia o la Cina avessero cercato di circondare gli Stati Uniti con basi militari e avessero provato a lanciare missili proprio al confine americano, come ha fatto la Nato in Estonia nel 2020 e 2021, anche Washington sarebbe entrata in guerra. Quindi, no, Putin non è un pazzo paranoico. Per quanto si possa contrastare, detestare e rimpiangere l’orribile guerra che ha scatenato, bisogna anche riconoscere che Putin ha fatto esattamente quello che avrebbero fatto gli Stati Uniti nella sua situazione. Anche la maggior parte degli altri Paesi avrebbe fatto lo stesso, ammesso che avessero una potenza militare sufficiente. Nonostante i commenti di Stoltenberg, le élites della politica estera di Washington e dell’Ue sembrano psicologicamente incapaci di riconoscere la verità. Invece di ammettere i propri errori e di assumersi la responsabilità del disastro che hanno creato, questi leader giocano al rialzo, insistendo ancora di più sulla stessa narrazione. Questo è ciò che ha fatto di recente il Presidente Biden alle Nazioni Unite. Spetta quindi ai popoli europei, agli Stati Uniti e alla Maggioranza Globale – e a quei leader dotati di intelligenza, integrità e indipendenza mentale – prendere il timone e chiedere la fine di questa guerra ora.

Guerra: perché le parole di Mattarella sono gravi

 RANIERO LA VALLE  8 OTTOBRE 2023

Le parole di Mattarella a Porto segnano un passaggio spaventoso nella lettura occidentale della guerra in Ucraina. Tale lettura, partendo dall’ipotesi che il conflitto non si concluda con un processo, cioè con un negoziato che conduca a una pace giusta, sostiene che “se l’Ucraina cadesse assisteremmo a una deriva di aggressioni ad altri Paesi ai confini della Russia e questo – come avvenne nel secolo scorso tra il ‘38 e il ‘39 – condurrebbe a un conflitto generale e devastante”.

Questa proiezione nel futuro, se fosse solo di Mattarella, sarebbe sì una previsione catastrofica ma non realistica; tuttavia Mattarella non è un uomo qualunque occidentale, bensì il rappresentante costituzionale di un grande Paese come l’Italia. E se questa visione fosse anche di altri più potenti capi dell’Occidente, o addirittura della destra neoconservatrice americana a cui si è associato Joe Biden, le scelte politiche che ne conseguirebbero sarebbero di una inaudita e micidiale gravità.

Il paragone con gli inizi della seconda guerra mondiale riporta al movente dell’aggressione tedesca, che era ufficialmente, come ne testimoniava il “Mein Kampf”, l’estrema versione della cultura occidentale che dalla “scoperta” dell’America in poi aveva teorizzato la superiorità etnica dei popoli bianchi europei sugli Indios e i popoli di colore, idea espressamente perdurata fino ad Hegel e a Croce, e perfino giunta al dizionario francese Larousse.

Nel nazismo questa concezione giunse, come si sa con orrore, , fino al giudizio sugli Ebrei e altri popoli e ceti inferiori. La guerra che ne scaturì non poteva che essere totale; sia pure tardivamente anche l’America reagì, fino al punto da suggellare la disfatta della Germania e del Giappone con le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki. Ne conseguì l’idea che l’atomica dovesse essere detenuta solo dall’America, come sentinella e arbitra del dopoguerra, tanto che i coniugi Rosenberg, accusati di averne trasmesso i segreti alla Russia, furono condannati a morte e giustiziati.

I paragoni storici non sono innocui. Assimilare l’attuale capitalismo nazionale e multipolare della Russia al nazismo della Germania hitleriana, prospetta all’Occidente un’alternativa assoluta, dalle conseguenze inimmaginabili. Essa consisterebbe nell’avverarsi di una interpretazione letterale della Bibbia, nel suo ultimo libro, l’Apocalisse, che secondo la stessa Commissione biblica vaticana corrisponde a un “suicidio del pensiero”: un suicidio che può diventare anche un suicidio del mondo.

Un’ipotesi del genere non è però meno verosimile di quella che attribuisce alla Russia un progetto di invasione dell’Europa. Sta scritta infatti nei due documenti dell’ottobre scorso della Casa Bianca e del Pentagono sulla “sicurezza nazionale degli Stati Uniti”. Essi dicono che, liquidata la Russia, di cui ormai è data per scontata “l’incapacità militare”, la sfida finale, “culminante”, la “pacing challenge” sarà con la Cina; e questo sì che sarebbe un conflitto generale e devastante.

Non resta che sperare che né l’una né l’altra ipotesi si avveri. Il rischio è però che la sconfitta dell’Ucraina, se non si va al negoziato, in quanto sconfitta delle armi dell’Occidente e dei dollari americani, sia interpretata, e non senza fondamento, come una sconfitta dello stesso Occidente, cosa che nel ‘38-‘39 non fu giustamente accettata. Ma nel ‘38-‘39 l’arma nucleare ancora non c’era, la guerra non era perciò ancora andata “fuori della ragione”, come doveva dire più tardi Giovanni XXIII.

Perciò, se la speranza non deve essere un’alienazione, bisogna ricorrere alla politica, e le frazioni più ragionevoli dell’Occidente dovrebbero portare Zelensky e i suoi generali, ucraini e atlantici, al tavolo delle trattative, per stipulare finalmente un compromesso territoriale, politico e di sicurezza con la Russia, abbandonando, gli uni e gli altri, le micidiali evocazioni del nazismo.

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