“È NECESSARIO NEGOZIARE. MA LE NOSTRE DEMOCRAZIE PENSANNO ALLE ELEZIONI…” da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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“È NECESSARIO NEGOZIARE. MA LE NOSTRE DEMOCRAZIE PENSANNO ALLE ELEZIONI…” da IL FATTO

“È necessario negoziare. Ma le nostre democrazie pensano alle elezioni…”

MARK GALEOTTI – Lo storico britannico: “l’autoritaria Cina invece ha una visione decennale”

 SABRINA PROVENZANI  23 GIUGNO 2024

“Non c’è una strategia perché non c’è un chiaro un obiettivo finale. Quello che abbiamo invece è una serie di mantra che dicono Putin deve perdere: ‘gli ucraini devono essere messi in grado di sconfiggere i russi’. Quindi solo una sconfitta militare completa è un risultato accettabile? O cosa?”. Mark Galeotti – professore di Studi dell’Europa dell’Est all’University College London – spiega: “Su questa guerra in Occidente non c’è stato un vero dibattito. E, se mai ci sarà, saremo costretti a fare i conti con il fatto che questa guerra appare molto diversa da Varsavia, Roma o Londra”.

Quanto diversa?

Alcuni paesi, per posizione geografica e storia, comprensibilmente temono il peggio: se l’Ucraina cade, una Russia revanscista continuerà ad avanzare e forse attaccherà anche la Nato. A me pare uno scenario assurdo. Per altri, nel sud dell’Europa, le vere minacce non provengono dall’est ma dal Medio Oriente o dal Nord Africa. I miei contatti a Roma mi confermano un certo grado di irritazione perché le loro preoccupazioni vengono dopo il conflitto ucraino. Poi ci sono gli Stati Uniti che operano su una scala molto più ampia: si preoccupano molto di ciò che accade in Ucraina, ma pensano anche a Taiwan. Ci siamo sottratti alle discussioni difficili perché i nostri leader non trovano un accordo. E perché c’è un ampio divario tra la politica e l’opinione pubblica: secondo i sondaggi c’è molta simpatia e sostegno per l’Ucraina. Ma quanto la gente pensa davvero che questa guerra sia la loro e quanto sono disposti a spendere? Al momento spendiamo 45 miliardi di dollari l’anno, e si parla di aumentare il supporto. Ma pochissime persone pensano che i loro paesi abbiano abbastanza soldi da spendere in altro che non siano infrastrutture, sanità, interventi sociali, pensioni.

Perché questi snodi non si affrontano?

Due ragioni: una è la solita malattia della politica democratica, che è il ciclo elettorale: il problema lo risolverà chi viene dopo. E lungi da me difendere gli autoritarismi come la Cina, ma una loro virtù è proprio che pensano in termini di cinque, dieci anni, cosa che nessuna democrazia fa davvero. La seconda è la speranza che il prossimo anno gli ucraini lancino una controffensiva che cambierà la situazione sul campo di battaglia, costringendo la Russia a venire a patti. Ora nessuno è disposto a negoziare, ma così spingiamo Mosca verso Pechino.

La situazione militare?

L’esercito ucraino è in difficoltà, dopo la controffensiva deludente dello scorso anno, ma stanno arrivando aiuti e munizioni, e la nuova campagna di arruolamento, per quanto odiata dalla popolazione, porterà nuove truppe. Quindi, a medio termine, gli ucraini saranno in una posizione più forte. Ma se lanciano una controffensiva l’anno prossimo e non ha successo, il che è possibile, non credo abbiano la forza per una terza controffensiva. I russi sono al massimo delle loro capacità. Potrebbero mobilitare più uomini, ma senza addestramento e senza equipaggiamento il vantaggio è marginale e c’è anche un costo politico sostanziale nel farlo. Per questo Putin non ha lanciato un’altra mobilitazione dopo quella dell’autunno del 2022, che è stata enormemente impopolare. L’Occidente pensa che una vittoria militare possa indurre Putin al negoziato, ma mi aspetto un altro paio di anni di questo conflitto ad alta intensità e poi una lunga guerra difensiva di logoramento senza soluzione.

Se vincesse Trump cosa cambierebbe?

L’America è l’incognita principale. Per dirla molto brutalmente, finché l’America continuerà a sostenere l’Ucraina, non importa molto cosa faccia l’Europa. E se l’America smettesse di sostenere l’Ucraina, non importerebbe molto cosa farà l’Europa, perché sarà finita. Ma Trump è completamente imprevedibile. Ricordiamo sempre la sua amicizia con Putin, ma da presidente è stato molto duro con la Russia. Con lui contano molto i rapporti personali, e in questo Zelenskij si è dimostrato un ottimo leader. Tempo fa ho consigliato ai parlamentati ucraini, in caso di sua vittoria, di mandargli miss Ucraina. Scherzavo, ma questo è il personaggio.

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