DIRITTI E PAROLE, UNA LENTA EROSIONE CHE VA FERMATA da IL MANIFESTO
Diritti e valori, una lenta erosione che va fermata
25 APRILE. Siamo di fronte a una lenta erosione dei fondamenti del costituzionalismo democratico e antifascista, da parte di chi non si riconosce per storia ad una tale tradizione
Gaetano Azzariti 02/04/2024
Si sta diffondendo un «senso comune» di sostanziale ostilità verso la Costituzione repubblicana. Magari non aggredita direttamente, ma aggirata ovvero anche solo disconosciuta.
Si assiste a una lenta e progressiva riduzione dei diritti di libertà dei cittadini.
In primo luogo, il diritto al dissenso, che, se non porta per ora a limitare la libertà di manifestazione del pensiero, induce però a condannare le idee non conformi a quelle promosse dalla maggioranza politica del Paese.
Le accuse di collusione con il nemico rivolte a chi auspica la cessazione degli scontri armati ed è contrario al riarmo, magari richiamando il principio pacifista, rendono arduo la ricerca di una soluzione alternativa al dramma della guerra perpetua.
Una riduzione dello spazio del pubblico confronto.
Diventa difficile anche stare dalla parte delle vittime. È condivisa la condanna della barbara strage del 7 di ottobre, ma questa non può essere collegata alla complessa questione palestinese. Improprio appare richiedere la cessazione del massacro di un popolo, magari richiamando l’inviolabilità dei diritti delle persone, dei fanciulli innocenti, di una popolazione civile indifesa: si rischia l’accusa di antisemitismo.
Si può ancora manifestare nelle pubbliche piazze, però abbiamo assistito ad ingiustificate e brutali aggressioni da parte delle forze dell’ordine a pacifici manifestanti, minorenni inclusi, che esprimevano una civile protesta, senza arrecare alcun pericolo per la sicurezza e incolumità pubblica, raggirando così la nostra Costituzione che assicura la libertà di riunirsi pacificamente e senza armi.
La libertà di stampa non è abolita, si assiste più semplicemente alla sistematica occupazione di tutti gli spazi di informazione e comunicazione pubblica. Ancor più preoccupante sono gli attacchi diretti rivolti da chi ha responsabilità di governo a singoli giornalisti, se non ad intere testate, non per contestare fatti, ma per delegittimare il pluralismo, le opinioni o le inchieste svolte dalla libera stampa.
Il diritto di sciopero non è stato vietato, sono continui però i tentativi di limitare i diritti del lavoro, aumentare la libertà delle imprese a scapito della tutela e della sicurezza in ambito lavorativo. La precettazione è stata utilizzata con tale disinvoltura che alla fine è dovuto intervenire un giudice per richiamare alcuni principi di fondo.
Sono poi tutte le politiche sociali che assumono una piega sempre più lontana dagli inderogabili doveri di solidarietà che la Costituzione impone. Basta pensare alle questioni delle migrazioni, che mostra, oltre all’incapacità endemica di governare il fenomeno strutturale dei flussi, il venir meno delle politiche di accoglienza e di ogni residuo rispetto dei diritti inviolabili che devono essere garantiti a tutte le persone, stranieri compresi. Le immagini raccapriccianti dei Centri di permanenza per il rimpatrio dimostrano l’abbandono di qualunque politica umanitaria.
Non si tocca formalmente l’indipendenza e autonomia della magistratura, ma si opera ai fianchi. Anziché impegnarsi a garantire il giusto processo nel rispetto dei diritti degli indagati non colpevoli sino alla condanna definitiva, ci si concentra sui test psicoattitudinali per indagare nell’animo di chi si accinge a svolgere la funzione di magistrato. Potrebbe considerarsi una farsa, se non fosse una tragedia.
Nessuno dichiara esplicitamente la volontà di superare la Costituzione repubblicana, anzi spesso la si richiama. Neanche una volta però abbiamo sentito affermare la volontà di difendere la natura antifascista della nostra Costituzione di fronte a manifestazioni di esaltazione del passato regime; in alcuni casi è stata anche chiaramente espressa insofferenza di fronte a richieste di presa di distanza dal fascismo.
Siamo di fronte ad una lenta erosione dei fondamenti del costituzionalismo democratico ed antifascista, da parte di chi non si riconosce per storia ad una tale tradizione. Si vuole arrivare ad affermare una nuova democrazia post-costituzionale? Quel che può dirsi è che si sta indebolendo il sostegno alla Costituzione vigente per poi procedere alla sua più diretta manipolazione. L’aggressione esplicita ai fondamenti del costituzionalismo è contenuta, infatti, nel pacchetto di riforme costituzionali e istituzionali. L’introduzione del c.d. «premierato elettivo», accompagnata dal progetto dell’autonomia differenziata, se avranno successo, ci trascineranno nel baratro.
L’impressione è che si tratti di un disegno sistematico che unisce tra loro diversi tasselli. Forse presi separatamene ci si potrebbe limitare a criticarli, ma non a considerarli eversivi, incapace da soli di incrinare l’unità del Paese. Tra loro sommati possono essere invece espressione di una vera e propria forza costituente in grado di travolgere la nostra democrazia costituzionale.
È per questo che oggi la difesa della Costituzione antifascista e il rilancio della democrazia pluralista devono essere considerati prioritari. È tornato il drammatico momento per promuovere la composizione di un ampio movimento politico e sociale che trovi i propri comuni punti di condivisione sui temi e le modalità di lotta politica e culturale contro gli stravolgimenti costituzionali in atto. È urgente attivarsi allo scopo di concorrere a costruire interlocuzioni e alleanze in difesa dei valori e dei principi fondamentali della nostra Costituzione repubblicana.
Per questo l’appello del manifesto per un 25 aprile in nome della Costituzione che sia in grado di coinvolgere il più ampio numero di associazioni, movimenti, personalità diventa essenziale. Per contrastare il «senso comune» che si va propagandando, diceva Antonio Gramsci, è necessario promuovere quel «buon senso» che rende «possibile un progresso intellettuale di massa». Il buon senso di chi condivide i valori della democrazia e della Costituzione.
Il 25 aprile è una data simbolo: quel giorno, nel 1945, mossero i primi passi coloro che hanno poi riconquistato il proprio futuro. Da qui possiamo ripartire per provare a ricostruire un futuro diverso e migliore.
Aprile 1994, si potrebbe
DALL’ARCHIVIO. Il testo, firmato collettivamente, che il 7 aprile 1994 lanciò la grande manifestazione del 25 aprile a Milano
il manifesto 07/04/1994
Si potrebbe farla a Roma, naturalmente, oppure a Genova, che ha una certa tradizione in materia, o anche a Napoli, capitale meridionale, o dove si preferisce: la più grande manifestazione che si sia mai vista, popolare e nazionale, nazionale e popolare, borghese e proletaria, giovane e vecchia, femminile e maschile, rossa e verde e magari bianca, escludendo il nero, nel quarantanovesimo anniversario del 25 aprile 1945.
Che è ancora una festa consacrata nel calendario non perché fu giorno di insurrezione contro l’occupazione nazista e i residui di Salò, ma perché fu compimento e inizio di liberazione in senso proprio: liberazione da anni cupi di guerra, oppressione, umiliazione, e riconquista diretta della democrazia, e poi della repubblica. e poi della Costituzione, che non erano (e non sono) sigle vuote ma un inalienabile patrimonio comune.
Con treni, con i pullman, in automobile, in bicicletta, a piedi, potrebbe essere una manifestazione come se n’è persa la memoria (cos’è mai la memoria nel nostro tempo, se non anticaglia?).
Non un raduno antifascista. per carità, l’aggettivo è premoderno e pressoché vietato tanto quanto è attuale il suo opposto.
E neppure una risposta paraelettorale, figuriamoci. Semplicemente un incontro tra persone che si riconoscono, che si ritrovano «in carne ed ossa», che esprimono un intento comune e celebrano, senza dimenticare il passato, il presente e il futuro.
Per ventiquattro ore, una volta l’anno, in una «giornata particolare». Dovrebbero indirla, questa manifestazione, senza complicazioni diplomatiche, intendendosi al volo, tutti coloro che traggono «dal basso» la loro autorità: gli esponenti della sinistra. dei movimenti democratici. dei sindacati, delle istituzioni periferiche, dei raggruppamenti sociali.
Dovrebbero sentirla come un bisogno proprio, promuoverla con la sincerità, la convinzione e anche l’orgoglio senza di cui non si combina nulla.
Noi possiamo solo sollecitarli, e con sincerità lo facciamo.
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