Parole per la sinistra. Di Scandurra e Magnaghi
9 dicembre 2017
Cari amici dell’Officina,
la realizzazione del sito ci consente di scambiare le nostre opinioni sull’epoca che stiamo attraversando così come la programmazione di eventi come il recente incontro di Lametia, per parlare ancora una volta del Sud. Credo che potremmo fare anche di più, uno sforzo per cercare, rispetto all’obiettivo dato di rifondazione culturale e dialogo interdisciplinare, un “corpo a corpo” con la realtà che ci circonda.
Faccio questa proposta. Potremmo, insieme, trovare una decina di parole-chiave, come: sinistra, uguaglianza, libertà, solidarietà, mercato, eccetera, eccetera, rispetto alle quali organizzare un discussione pubblica (sul sito). Per esempio a partire da una di questa parole, uno di noi potrebbe scrivere una breve relazione con la quale si aprirebbe una discussione pubblica. Terminata la quale si passerebbe ad una seconda parola e così via. Nel frattempo, ovviamente il sito continuerebbe la sua ordinaria attività.
La scelta di queste parole, e la discussione che ne conseguirebbe, ci consentirebbe meglio di “rifondare” il concetto di sinistra che oggi è un tantino (per usare un eufemismo) contaminato se non inquinato, o addirittura infamato.
La mia (semplice) proposta potrebbe essere naturalmente migliorata con proposte e suggerimenti. Credo però che essa potrebbe consentire un piccolo salto al sito e a noi di “conoscerci” ancora meglio. Credo anche che una discussione culturale su cos’è oggi sinistra (fatta attraverso le parole e i concetti che la veicolano) sia anche di notevole utilità sociale.
Se la proposta venisse accettata, direi che alcuni di noi potrebbero già scegliere una di queste parole e scrivere un breve saggio/articolo. Per parte mia se la decisione viene accettata sono pronto a scrivere qualcosa sulla parola “solidarietà”.
Enzo Scandurra
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10 dicembre 2017
Caro Enzo,
ho trovato molto interessante la tua proposta di lavoro e mi piacerebbe collaborare alla parola “sinistra” se qualcuno dei politologi dell’Officina ne dà una primo abbozzo di definizione.
Da tempo nella Società dei territorialisti/e discutiamo di un dizionario delle parole chiave. Mi sembra che la differenza con la tua proposta sia nel campo di interessi. Dalle parole che tu proponi (sinistra, uguaglianza, libertà, solidarietà, mercato, eccetera) mi sembra che il tuo interesse (ma anche di Piero penso e dell’Officina) sia incentrato su parole riferite all’universo del Politico. Nel caso della SdT l’interesse ruota intorno alle definizioni relative alle scienze del territorio, anche se orientate a un approccio politico che attribuisce all’autogoverno e autodeterminazione delle comunità locali un ruolo primario in un progetto federalista di “globalizzazione dal basso”.
Mi domando dunque: esiste una possibilità (ma in primo luogo un interesse) a trovare delle connessioni fra le due iniziative? Ad esempio trovando parole “ponte” fra i due campi di interessi?
Massimo Quaini (trovi il nostro ricordo funebre) stava sviluppando da tempo una proposta multi-trandisciplinare di “dizionario territorialista” che uscirà prima della fine dell’anno on line sul n° 5 della rivista “Scienze del territorio” e di cui ti allego il testo [clicca qui per leggere l’articolo di Quaini]. Noi vorremmo raccogliere questo suo testamento scientifico (che parte dalla geografia, ma è rivolta a tutte le discipline che si occupano della “territorialità” del mondo), lavorando al dizionario e alle parole che egli propone nell’ultima parte del suo testo (paragrafo 4). Non è un lavoro facile ma ci proveremo.
Un abbraccio
Alberto Magnaghi
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Caro Alberto,
la mia proposta, concordata con Piero, era di ridefinire la parola “sinistra” che ormai non significa più niente ( se non addirittura infamante) e che gli stessi partiti di “sinistra” hanno abbandonato nelle loro bandiere (PD, Liberi e uguali, Rifondazione comunista). La parola “sinistra” è stata, nella modernità, sempre associata con un organizzazione politica, sindacale, un partito; oppure con l’esperienza del socialismo reale dell’unione sovietica. Così il tramonto di queste esperienze, almeno in Occidente, ha trascinato con sé il destino di questa parola. Ma se per sinistra intendiamo un modo di vivere, una visione del mondo, allora constatiamo che moltissime persone in tutto il mondo vivono quegli ideali (così come il principio dell’accoglienza e della solidarietà è praticato, come tu ben sai, in molti piccoli paesi delle Alpi e degli Appenini).
Io credo che possiamo collaborare proficuamente proprio a partire da questa esperienza dei piccoli comuni abbandonati dove forse la sinistra non è sbandierata a gran voce ma praticata nei fatti.
La mia proposta era di arrivarci per gradi, ridefinendo le parola che la “sinistra” contiene.
Enzo
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Federazioni fra piccole unità territoriali, come tra uomini uniti da lavori comuni nelle loro rispettive corporazioni, e federazioni tra città e gruppi di città costituiscono l’essenza stessa della vita e del pensiero in quest’epoca. Il periodo compreso fra il X e il XVI secolo della nostra era potrebbe dunque essere descritto come un immenso sforzo per stabilire l’aiuto e l’appoggio reciproco in vaste proporzioni, il principio di federazione e d’associazione essendo applicato in tutte le manifestazioni della vita umana ed in tutti i gradi possibili (Piotr Alexeevic Kropotkin, 1902)
caro Enzo,
ottimo per la parola “solidarietà” il tuo richiamo al Mutuo appoggio, dove sottolinei che la polemica di Kropotkin con Darwin non si riferisce solo al mondo animale, ma anche agli umani nelle esperienze di “autogoverno comunitario” e, aggiungo, nelle “federazioni di città”, come nella citazione sopra.
La tua proposta di collaborare alla riflessione sulla parola sinistra a partire dai piccoli paesi della montagna mi sembra affascinante. Con molte associazioni della montagna stiamo lavorando agli “Stati generali della montagna”, naturalmente “dal basso”.
Il punto di partenza da cui è partita l’iniziativa non è la montagna come area insufficientemente sviluppata (come appare nel progetto “aree interne” del Ministero dell’Economia, come “mancanza di servizi” ) rispetto ai poli centrali di pianura, ma è un insieme di luoghi dotati di “ricchezza” :ambientale, identitaria, culturale, paesaggistica, agroecologica, solidale, ospitale, ecc. della cui assenza i poli metropolitani di pianura, eredi del modello industrialista fordista, ormai soffrono da tempo: dunque le esperienze di “ritorno” alla montagna come paradigma di un nuovo modello socioeconomico, antropologico e culturale fondato sulla ricchezza potenziale dei patrimoni locali, sulla “centralità” delle reti dei piccoli paesi, destinato a modificare le relazioni e le centralità fra pianura, collina, entroterra costieri e montagna.
Non so bene se questa iniziativa sarà “di sinistra”, come non so se lo sono le mie ultime riflessioni con Becattini sulla “coscienza di luogo” che precede e segue, nella nostra analisi, “la coscienza di classe”. Sicuramente se sinistra si sposa con occupazione e lavoro (salariato), no! Il mio pensiero in proposito, ripartendo da Gorz laddove scrive nel 1981:
“ogni politica… è falsa se non riconosce che non può esserci più la piena occupazione per tutti e che il lavoro dipendente non può più restare il centro dell’esistenza, anzi non può più restare la principale attività di ogni individuo”,
L’ho espresso in estrema sintesi in un articolo per il Manifesto (mai pubblicato); pubblicato invece on line sulla rivista “Dialoghi mediterranei” e che piacerebbe fosse pubblicato da qualche parte nel sito dell’Officina.
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