LA SALUTE È UN BENE COMUNE da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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LA SALUTE È UN BENE COMUNE da IL MANIFESTO

La nuova pandemia bianca e il funerale dell’articolo 32

SANITÀ. L’insostenibilità finanziaria che giustifica la privatizzazione. E le politiche, di destra e di sinistra, che lavorano alla demolizione del sistema sanitario nazionale

Ivan Cavicchi  15/09/2022

Una nuova pandemia silenziosa ma assai grave, capace di colpire soprattutto tra i bassi redditi e i soggetti sociali più deboli, in particolare il sud. Non sarà scatenata da un virus ma dalla ingloriosa sepoltura dell’art 32 che, destra e sinistra si stanno preparando a consumare non avendo, come dimostra la campagna elettorale, nessuna idea su come risolvere il problema della sostenibilità finanziaria della sanità pubblica.

La storia si ripete: per problemi di sostenibilità mezzo secolo fa crollò il sistema mutualistico facendo nascere l’attuale servizio sanitario nazionale (Ssn) che però, dati alla mano, ha finito piano piano nel tempo, a causa di politiche sbagliate, con l’aggravare il problema della sostenibilità.

Con la riforma del ’78 si tentò la strada della salute come valore primario, della sanità organizzata per territori (Usl), si arruolò nella pubblica amministrazione un esercito di operatori, si rilanciò il sistema ospedaliero e nello stesso tempo attraverso i medici di medicina generale, si organizzò l’assistenza di base cioè le cure primarie.

Ma nonostante tutto questo la spesa sanitaria anziché diminuire crebbe e continuò a crescere negli anni. Il problema della sostenibilità diventò così pesante da indurre la sinistra di governo del tempo (anni ’90) prima ad aziendalizzare le Usl e gli ospedali nella speranza di contenerne i costi(L. 502), poi con Bindi ad aprire le porte alla privatizzazione (intra-moenia e sanità sostitutiva) nella speranza di scaricare una parte della spesa pubblica sui redditi delle persone (assicurazioni e mutue: L. 229).

Poi fu il turno di Monti. Facendo ricorso ai tagli lineari massacrò i servizi, in particolare gli ospedali riducendo la sanità pubblica all’indigenza (ancora oggi esistono i tetti di spesa che impediscono alle regioni di assumere gli operatori). E infine Renzi con il suo famoso “definanziamento progressivo” che con il jobs act oppose contro il servizio pubblico il welfare on demand (aziendale)
In questo drammatico percorso politico, fatto in nome della sostenibilità, bisogna ricordare D’Alema che con la controriforma del Titolo V spianava, già nel 2001, la strada alla destrutturazione del servizio nazionale: oggi si chiama regionalismo differenziato, sostenuto dal centro destra e dal Pd.

Quando arriva la pandemia che disvela le falle del sistema pubblico, in due anni i costi salgono del 3%. Mentre Draghi sosteneva che per spendere bene bisognava riformare, con la proposta di Pnrr di Speranza ogni riforma è negata fino a utilizzare 20 mld senza risolvere una sola delle grandi contraddizioni strutturali e funzionali della sanità pubblica. Anzi esasperando in sommo grado proprio la questione della sostenibilità. Infine arriva l’inflazione, la crisi del gas, la recessione incipiente, la guerra.
A questo punto la questione della sostenibilità diventa talmente una questione irrisolvibile da porre la tremenda questione se non si debba o no abolire l’art 32 e ritornare a come si era prima della riforma del ’78. Cioè al far west.

In campagna elettorale nessuno dei partiti ha osato porre onestamente questo problema. Il Pd, come abbiamo già scritto, ha negato la questione (Agorà 8 giugno 2022), e insieme a tutti gli altri partiti chiede semplicemente più soldi ma senza dire mai come intende risolvere la questione della sostenibilità.

Fa eccezione Renzi che a contraddizioni invarianti, per finanziare la sanità pubblica propone di chiedere al Mes un prestito (37 mld) quindi di aggiungere al problema sempre più pesante degli scostamenti quello di un ulteriore indebitamento. Indebitarsi per garantire il processo di privatizzazione in essere. E’ chiaro che così come stanno le cose, e come dimostra la politica sanitaria di Moratti in Lombardia, gran parte dei soldi andranno al privato.

Nel caso dovesse vincere la coalizione di centro destra il vero guaio per la sanità pubblica non è solo il morboso desiderio della Lega di far saltare il servizio sanitario nazionale o quello del Pd di privatizzare ancora di più il sistema, ma la più totale assenza di pensiero e di progetto nei confronti della sostenibilità.

È evidente che per vincere questa sfida e per non cancellare l’art 32 ci vorrebbe un progetto di riforma che nessuno ha. Ne a destra ne a sinistra. Nessuno ha proposto una “quarta riforma” che permetta ai diritti e all’economia di essere “compossibili” non “compatibili”.

La soluzione per salvare l’art 32 quindi ci sarebbe. Non è vero come ha sempre detto il Pd che la sanità è per forza insostenibile (non si può dare tutto a tutti). Credo che in questa complessa congiuntura politica e finanziaria, con il regionalismo differenziato e con i processi di privatizzazione innescati, per il diritto alla salute non ci sarà futuro. Avremo presto una nuova pandemia “bianca”.

La salute è un bene comune

VERITÀ NASCOSTE. La rubrica settimanale su psiche e società. A cura di Sarantis Thanopulos

Sarantis Thanopulos  27/08/2022

Il sistema sanitario nel nostro paese e, con pochissime eccezioni, in tutto il mondo è in crisi. A partire dalla crisi della ricerca medica che ha origini epistemologiche e finanziarie.

Per dirla con Foucault, la scienza medica dovrebbe guardare il suo oggetto al tempo stesso con sguardo sapiente e sguardo vergine (che vede senza il pre-giudizio della conoscenza già acquisita). Da tempo nei medici lo sguardo sapiente tende a esiliare lo sguardo vergine. La medicina si è assoggettata al paradigma delle “evidenze”: dati clinici o di laboratorio considerati come prove a sé stanti. A dispetto del fatto che nessuna evidenza ha un valore reale se non serve a indicarci ciò che evidente non è. Si usano mezzi tecnologici potenti per affinare la visione e la conoscenza del già visto, del già conosciuto.

Ciò ha permesso di migliorare molto le prestazioni di cura in campi già battuti, ma non nei territori incerti. Manca una comprensione davvero innovativa del funzionamento dell’organismo umano e l’epigenetica, lo studio della complessa relazione tra fattori genetici e ambientali che ne garantisce la sanità o lo fa ammalare, affascina ma stenta a decollare.

La progressiva riduzione delle sovvenzioni pubbliche a favore degli investimenti privati, vissuta come un sollievo dagli Stati, mostra oggi tutti i suoi limiti e i danni che ha provocato. Il dominio degli investitori privati, che ha generalizzato la visione speculativa delle case farmaceutiche sulla salute, ha gradualmente spostato il centro di gravità della ricerca dall’interesse scientifico all’interesse di lucro. Con due conseguenze molto serie: l’incentivazione degli studi in grado di dare risultati immediatamente sfruttabili sul piano economico e la frammentazione e dispersione dello sforzo conoscitivo in direzioni scoordinate tra di loro. Sono state abbandonate intere aree di indagine che non offrono possibilità di un successo rapido in termini di visibilità, carriera e vantaggi economici. Tra queste il campo degli studi sul Covid.

In Italia alla crisi mondiale della ricerca medica si è aggiunta la regionalizzazione federalista del SSN, una riforma improvvisata fatta sotto la spinta di forze separatiste che ha favorito una grave iniquità tra cittadini sul piano delle cure e ha portato a una seria violazione di un fondamentale diritto costituzionale. Il diritto alla salute non è solo un diritto inalienabile di ogni singolo cittadino, è anche un bene comune che garantisce la serenità e la fiducia nelle proprie forze dell’intera comunità nazionale.

La regionalizzazione della salute pubblica come di fatto si è realizzata da noi (al di là delle belle parole e intenzioni) ha determinato la distribuzione ineguale delle risorse tra le diverse aree del paese (minando la sua coesione), la privatizzazione selvaggia dei servizi di cura (che ha raggiunto il suo acme in Lombardia) e una riduzione forte del personale medico e infermieristico (l’assunzione di medici cubani dalla Regione Calabria è uno scandalo) che lavora in prima linea, salvando vite, in condizioni del tutto insoddisfacenti dal punto della sua condizione economica e psicofisica. Ha dato il colpo di grazia alla salute mentale.

In tempo di elezioni è questione di onestà sottolineare che il ministro Speranza ha fatto uno sforzo di inversione di tendenza encomiabile. In una sua intervista su questo giornale Sandra Zampa, che come sottosegretario ha colto l’importanza della salute mentale per la democrazia e la società, ha posto un obiettivo dirimente: fermare la privatizzazione e riequilibrare il rapporto tra regioni e governo nazionale a favore di quest’ultimo.

Proteggere la salute di tutti, attraverso modalità di prevenzione e di ricerca che solo lo sguardo globale delle istituzioni della Polis può garantire, ci consente di godere del nostro vivere. Altrimenti saremmo esposti a una precarietà sanitaria continua e vivremo per non morire.

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