GOVERNI INFANTILI: “IL GRANDE IMBROGLIO” da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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GOVERNI INFANTILI: “IL GRANDE IMBROGLIO” da IL FATTO

Mariana Mazzucato: “I governi ‘infantili’ ormai affidano tutto ai loro consulenti”

IL SUO ULTIMO LIBRO, “IL GRANDE IMBROGLIO” – “Il pubblico è diventato più debole: ha esternalizzato il proprio lavoro centrale”

 SAL. CAN.  22 OTTOBRE 2023

“Quando ho fatto parte della commissione Colao voluta dal governo Conte 2, che serviva a pianificare i fondi del Pnrr, mi sono accorta che era piena di gente della società di consulenza McKinsey. Ho chiesto: perché? La risposta fu che il servizio pubblico non è capace nemmeno di fornire una segreteria efficiente. Questo esempio è indicativo di come l’industria delle consulenze ha infantilizzato i governi e i sistemi pubblici”.

Mariana Mazzucato, professoressa alla University College London, e direttrice dell’Ucl Institute for Innovation and Public Purpose, mentre la incontriamo sulla terrazza di un albergo romano non smetterebbe di parlare del suo ultimo libro, Il grande imbroglio, scritto insieme a Rosie Collington (Editore Laterza) in cui compie un’analisi dei sistemi pubblici e del moderno capitalismo partendo dal ruolo esorbitante che hanno assunto le grandi società di consulenza private, McKinsey, Deloitte, Kpmg e molte altre.

Da cosa nasce lo studio, cosa l’ha incuriosita?

C’era un libro uscito poco prima del nostro che aveva soprattutto un approccio giornalistico, When McKinsey come to town. Ma a noi interessava soprattutto capire come, attorno alle società di consulenza, al loro ruolo, abbiamo organizzato, anzi mal organizzato, l’economia, e come abbiamo distrutto la capacità dei governi di operare.

Il sottotitolo del libro indica “l’infantilizzazione” dei governi, come si realizza questo fenomeno?

L’economia liberale ha prodotto una visione del governo che non è pro-attiva, ma si limite a reagire cercando di sanare quelli più gravi. Si è così smesso di investire nelle capacità del servizio pubblico per aiutare il settore privato a creare valore. Le società di consulenza sono inserite in questo meccanismo.

In che modo si è affermato questo processo?

I governi sono diventati più deboli esternalizzando il proprio lavoro centrale, la propria intelligenza collettiva, il proprio cervello. I governi si sono totalmente affidati alle società di consulenza dove spesso l’expertise non c’è, e dove spesso non c’è alcun valore aggiunto.

Qual è il motivo centrale?

La paura di sbagliare che rende più comodo dire: abbiamo fatto così perché ce lo hanno detto le società di consulenza.

Infantilizzare i governi infantilizza anche il capitalismo?

Se si possono fare trilioni di dollari solo muovendo dei capitali invece di produrre nuovi servizi e beni, non siamo di fronte all’infantilizzazione, ma a una finanziarizzazione che permette di fare profitti rendendo debole l’impresa. Si pensi alla Fiat. Quando è andata in Usa per comprare la Chrysler, Obama ha posto come condizione l’investimento in motori ibridi in America. È stato fatto, ma non in Italia perché nessuno lo ha chiesto loro. I governi hanno smarrito qualsiasi capacità di negoziare con i privati: quando gli Usa sono andati sulla Luna, la Nasa ha imposto alle imprese private di non avere profitti in eccesso.

È giusto quindi tassare gli extraprofitti?

La causa dell’inflazione deriva da questi extra-profitti. Per questo la politica del rialzo dei tassi è sbagliata. Gli extraprofitti vanno tassati, soprattutto quelli dei settori energico, del food o delle banche, ma i governi non ne sono capaci.

Lei parla molto nel libro del ruolo negativo avuto dalla Terza via: vede ancora all’opera quelle politiche?

Con i governi della Thatcher in Gran Bretagna le consulenze private sono aumentate molto, ma il vero incremento si è avuto con Tony Blair. Oggi il Labour, che dovrebbe vincere le elezioni britanniche, non ha creato alcuna visione alternativa limitandosi a promettere di fare quel che fa la destra, ma in modo più soft, con più responsabilità fiscale e “senza spendere troppo”.

Pensa che il Next Generation Eu abbia rappresentato un’inversione di tendenza dell’intervento pubblico e sia stato solo una parentesi?

La scelta di vincolare il Ngeu a obiettivi come la transizione ecologica e la digitalizzazione è stata positiva. Per paesi come l’Italia, però, sarebbe stato utile anche fissare una quota di investimento da impiegare per la capacità di governare e di amministrare le politiche pubbliche.

Che pensa delle politiche pubbliche in Italia?

L’ultimo budget è pieno di tagli, ma sappiamo che questo non funziona. Invece di investire in educazione, ricerca e sviluppo che trainano la produttività, si ricomincia a tagliare o privatizzare. Nel corto periodo possono portare anche dei soldi, nel lungo periodo no.

Una definizione sintetica dello stato del capitalismo?

Siamo in presenza di un sistema pubblico che non è proattivo e che pensa solo a mettere dei cerotti, ad aggiustare i guasti del capitalismo; il privato si muove invece solo sul corto termine, sull’ultimo quarto trimestre. La relazione tra pubblico e privato, infine, non è simbiotica, ma parrasitica. Le consulenze private tengono “il moccolo” a questa relazione malata.

Salario minimo, i sindacati organizzano i maxi-ricorsi

VIA GIUDIZIARIA – Dopo le 6 sentenze della Cassazione che hanno dato ragione ai lavoratori si sono moltiplicate le cause: “C’è meno paura”

LEONARDO BISON  22 OTTOBRE 2023

Le sei sentenze (depositate il 3 e il 10 ottobre) con cui la Corte di Cassazione ha ribadito che il salario del lavoratore deve essere dignitoso, rispettoso dell’art. 36 della Costituzione, e quindi alzato dai giudici qualora il contratto collettivo nazionale applicato preveda un minimo troppo basso, possono sembrare tecnicismi ai non addetti ai lavori. Soprattutto se il governo è impegnato ad affossare la legge sul salario minimo proposta dalle opposizioni, con continui rimandi, prima al Cnel, poi con un rinvio alle commissioni in un’eterna pilatesca melina. Ma, come chiariscono al Fatto anche sindacalisti e avvocati giuslavoristi, il quadro che si sta delineando in realtà è ben diverso dal precedente. In estrema sintesi, prima delle multiple sentenze di Cassazione un lavoratore che fosse inquadrato con un contratto collettivo povero, intorno ai 5, 6 o 7 euro lordi orari, ma firmato dai sindacati maggiormente rappresentativi, poteva rischiare di incontrare sulla sua strada un giudice che respingesse l’idea (già maggioritaria nei tribunali) che il salario dovesse essere alzato dal tribunale, condannando l’azienda a pagare gli arretrati: un caso che s’è presentato nelle corti di appello di Milano e Torino, che hanno spinto alcuni ricorsi fino in Cassazione (con le sentenze ora ribaltate) o in diversi Tar del Sud, che hanno ritenuto la paga del vigilanza privata e servizi fiduciari congrua rispetto al costo della vita locale.

Ma con le ultime sentenze per i giuslavoristi, che ricorsi simili ne fanno, con successo, da anni, le carte in tavola sono cambiate: “È molto difficile che un giudice ignori una sentenza di Cassazione, e anche qualora accadesse, portando il caso in appello e poi in Cassazione con queste sentenze alle spalle è più semplice vedersi riconosciute le differenze retributive”, spiega l’avvocato giuslavorista Lorenzo Venini, che rifiuta di parlare di vittoria certa, data l’autonomia dei giudici, ma ammette che una sconfitta ad oggi diviene piuttosto improbabile. Questa settimana un primo caso al Tar di Bari, su un ricorso della Cgil: il tribunale ha di nuovo ritenuto inadeguata la retribuzione di un lavoratore, condannando il datore di lavoro ad applicare un altro trattamento retributivo (1.218 euro netti al mese). Sentenza che assomiglia a tante altre registrate nel recente passato, ma con una differenza: cita le sentenze di Cassazione, spazzando via ogni dubbio sulla decisione da prendere.

Il cambio di paradigma, o meglio l’accelerazione, sta passando anche tra le fila dei lavoratori, in particolare quelli inquadrati col poverissimo Ccnl Servizi fiduciari, circa 5,5 euro lordi l’ora di minimo e pochi straordinari notturni: sono più di 60 mila. Se ne sono accorti anche i sindacati che già da tempo avevano imboccato la strada dei ricorsi al Tar. Usb vigilanza privata, subodorando un interesse crescente tra i propri iscritti, qualche giorno fa ha pubblicato sui social una chiamata pubblica: “Volete fare ricorso? Contattateci!”. La risposta è stata sorprendente, racconta Vincenzo Lauricella, con diverse decine di mail in pochi minuti: “Già da tre anni facciamo decine di ricorsi simili l’anno, in queste nuove condizioni è probabile che diventino centinaia”. Il processo è lungo: un ricorso collettivo si può fare solo con un datore di lavoro in comune, ma l’idea del sindacato è quella di procedere a diversi ricorsi simili in parallelo: la sensazione di Lauricella è che la vittoria sia pressoché scontata ora, con il rischio di dover arrivare in Cassazione, allungando il procedimento “e i lavoratori lo capiscono, si tratta di più di 300 euro di differenza retributiva al mese, cifre allettanti”.

Usb non sarà l’unico sindacato a muoversi in maniera simile: tutti quelli che già in questi anni hanno proposto ricorsi stanno ricevendo più richieste e con esse gli studi legali di riferimento, dai sindacati di base come Adl Cobas a quelli che hanno pur firmato il contratto servizi fiduciari, ma non ne negano l’inadeguatezza, come la già citata Cgil e Uiltucs, che ha promosso anche i ricorsi arrivati poi in Cassazione. E il ritornello è sempre più spesso lo stesso: sotto una certa cifra non si può andare, per cui, pur rispettando tutti i contratti collettivi, il salario non sarà meno di 1.218 euro mensili. Il grosso dei lavoratori è ancora paralizzato dalla paura di ritorsioni, ma anche poche migliaia di loro potrebbero provocare una valanga che può creare più di un imbarazzo al governo.

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