IDEOLOGIA GREEN? NO, È LEGGE FISICA da IL FATTO e IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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IDEOLOGIA GREEN? NO, È LEGGE FISICA da IL FATTO e IL MANIFESTO

Ideologia green? No, è legge fisica

 Luca Mercalli  20 Settembre 2024

Emile Clapeyron e Rudolf Clausius non erano ambientalisti ideologici, bensì due giganti della fisica. Da loro prende il nome l’equazione di Clausius-Clapeyron che dal 1850 definisce la relazione tra la temperatura e le fasi liquida e gassosa di una sostanza. Applicata all’acqua questa legge dice che ad ogni grado Celsius di aumento termico, il contenuto di vapore acqueo nell’atmosfera aumenta del 7%. Quindi con il riscaldamento globale più acqua evapora dai mari e più pioggia cade su certe regioni dove si verificano le condizioni opportune, come la presenza di barriere montuose che esaltano il sollevamento e il raffreddamento dell’aria. Ecco gli ingredienti che hanno prodotto l’incredibile nuova alluvione in Romagna, ad appena 16 mesi dai due eventi ravvicinati di maggio 2023 già definiti eccezionali. Allora caddero a inizio mese tra 150 e 250 mm di pioggia seguiti il 16-17 maggio da altri 100-250 mm che si abbatterono su suoli già grondanti d’acqua, causando oltre 80 mila frane e mandando in piena i torrenti appenninici. Bilancio: 17 vittime e dieci miliardi di euro di danni. Ora l’evento si è riproposto in modo più circoscritto ma con piogge fino a 350 mm in due giorni (San Cassiano sul Lamone) a causa della longeva depressione Boris, che già la scorsa settimana ha devastato l’Europa centro-orientale facendo 25 vittime. E non dimentichiamo il nubifragio di San Severo, costato la vita a un Vigile del Fuoco, e le piene nelle Marche. Non c’è nulla di ideologico in tutto questo, è il risultato di leggi fisiche invarianti e solenni, perché esistono da quando esiste l’universo. Leggi inflessibili e sorde ad ogni negoziato, semplicemente restituiscono conseguenze se vengono variati i dati di ingresso. Più la temperatura aumenta a causa delle emissioni di gas serra più spesso avrai acqua e fango in salotto. Ideologici sembrano invece i pretesti per smantellare il Green Deal europeo, i pregiudizi che definiscono disastrose per l’economia le misure di efficienza energetica e transizione verso le energie rinnovabili e la stolta priorità attribuita alla corsa agli armamenti. Le dichiarazioni di Confindustria che vedono nel Green Deal una minaccia per la produzione fanno a pugni con le aziende alluvionate e i miliardi di euro che le assicurazioni stanno sborsando per rifondere i danni. Se diamo a retta a queste voci, finalizzate a garantire un consenso popolare ignorante e a proteggere interessi economici di vecchio stampo, perderemo l’ultimo tempo utile per la prevenzione della patologia climatica. Lo dicono pure papa Francesco e Antonio Guterres, ma non li ascolta nessuno. Così l’equazione di Clausius-Clapeyron continuerà inesorabile a fare il suo corso, indifferente alle ideologie di un piccolo gruppo di bipedi che abita un piccolo pianeta sull’orlo del collasso ambientale. Il conto che pagheremo sarà, quello sì, disastroso e irreparabile.

«Bisogna cambiare modello e smettere di urbanizzare»

Federico Grazzini: «L’attuale modello ha sfruttato il suolo, costretto i fiumi e costruito edifici in maniera eccessiva. Dobbiamo fare l’esatto contrario», spiega il meteorologo di Arpae Emilia-Romagna

Alex Giuzio  20/09/2024

Meteorologo senior in Arpae Emilia-Romagna, Federico Grazzini studia da più di 30 anni gli eventi estremi di precipitazione ed è autore di Fa un po’ caldo. Breve storia del riscaldamento climatico e dei suoi protagonisti (Fabbri 2020). Gli abbiamo chiesto un’analisi dell’evento che ha colpito l’Emilia-Romagna.

 Grazzini, cosa è accaduto dal punto di vista meteorologico?

Le precipitazioni estreme che hanno interessato l’Emilia-Romagna sono dovute al ciclone chiamato “Boris”. Dopo avere attraversato il nord-est d’Europa, provocando gravi alluvioni, il ciclone è tornato sul Mediterraneo con un movimento retrogrado piuttosto atipico. Qui ha di nuovo preso forza, a causa dell’elevata quantità di calore che si è accumulata in mare per le anomalie termiche – in verità ormai costanti – in corso dal 2022.

Quanta pioggia è caduta?

In 48 ore è precipitata la stessa acqua dell’intero maggio 2023, quando c’è stata la duplice alluvione in Emilia-Romagna, ovvero più di 350 mm. Inoltre si è superata l’intensità oraria: allora i picchi furono di 15 mm/ora, che già significa una pioggia piuttosto forte; mentre mercoledì scorso siamo arrivati a 40 mm/ora nelle zone dell’alto Savio e dell’alto Lamone. Ormai siamo abituati a parlare di record, ma purtroppo è così.

Perché questa volta ci sono state meno esondazioni rispetto allo scorso anno?

A settembre il terreno è più secco che a maggio, perciò ha assorbito meglio i 100 mm di pioggia caduti il primo giorno. Il problema è che il secondo giorno sono caduti altri 200 mm, perciò i fiumi si sono alzati fino alla soglia critica nel giro di poche ore. Sono avvenute molte frane in Appennino e rotture di argini in pianura, nelle stesse zone dove si era appena finito di ripristinare le infrastrutture danneggiate dall’alluvione del 2023.

Questi eventi estremi sempre più frequenti sono una conseguenza della crisi climatica?

È ormai evidente che il riscaldamento globale stia contribuendo all’aggravarsi dei fenomeni meteorologici. Per tutta l’estate, nel Mediterraneo si è registrata un’anomalia di temperatura piuttosto fuori scala. Questo provoca un grande accumulo di energia in atmosfera, e di conseguenza una maggiore instabilità e intensità delle perturbazioni. Inoltre, a parità di ventilazione sul mare, una temperatura più elevata significa una maggiore evaporazione, e dunque di vapore acqueo che poi precipita come pioggia. Questa combinazione produce i fenomeni a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi. La forte intensità delle perturbazioni, sommata al mare in burrasca e alle piogge prolungate, è la peggiore situazione che possa accadere.

L’eccessivo consumo di suolo in Emilia-Romagna ha reso il territorio molto impermeabile e fragile di fronte a questi fenomeni. Dopo tre grandi alluvioni avvenute nel giro di 16 mesi, bisognerà iniziare a pensare a qualche seria strategia di adattamento per gli insediamenti urbani?

La questione è enorme. Questi momenti di crisi devono servire a pensare a un futuro diverso. Alla luce degli ultimi eventi, dovrebbe essere normale interrogarsi sulle strade da intraprendere per cambiare direzione. L’attuale modello ha sfruttato il suolo, costretto i fiumi e costruito edifici in maniera eccessiva. Bisognerebbe fare l’esatto contrario: smettere di urbanizzare, lasciare un adeguato spazio ai fiumi e curare soprattutto la montagna e la collina, a partire dalle opere di regimentazione delle acque, che servono a evitare il dissesto idrogeologico. Non si può tornare indietro con la bacchetta magica, ma occorre una grande opera di visione a lungo termine. Ci vorrà tempo.

Da dove cominciare?

Gli argini rotti vanno ricostruiti, è ovvio. Solo per ripristinare quelli danneggiati a maggio 2023, ci è voluto più di un anno. Ma al contempo bisogna ripensare l’intero assetto fluviale. È un lavoro molto complicato, che non si conclude in pochi giorni, ma si deve iniziare a fare. Il territorio va rinaturalizzato e riorganizzato per adattarsi a questi fenomeni ormai in corso. È una sfida enorme, perché implica di rivedere tutti i concetti con cui abbiamo vissuto e gestito il territorio finora. Si può fare solo se inizieremo a ragionare a lungo termine, anziché seguendo gli interessi del momento.

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