UNA SPRUZZATA DI PESTICIDI CI SEPPELLIRÀ da IL MANIFESTO
Una spruzzata di pesticidi ci seppellirà
DOSSIER. È stato pubblicato l’Atlante degli agrotossici che inondano la Terra, uno spaventoso studio sull’impatto che la chimica ha sull’agricoltura e la salute umana
Francesco Bilotta 09/02/2023
La pubblicazione della versione italiana dell’Atlante dei pesticidi, arricchita dal contributo della Coalizione Cambiamo Agricoltura, consente di comprendere in modo più ampio l’impatto che gli agrotossici hanno sugli ecosistemi e la salute umana. La versione originaria dell’atlante, pubblicata dalla Fondazione tedesca Heinrich-Boll, dalla rete di organizzazioni ambientaliste Friends of the Earth e dalla PAN Europe (Pesticide Action Network), è il risultato di anni di studi e mostra l’importanza che hanno gli Istituti di ricerca indipendenti nel contrastare gli interessi delle multinazionali che operano in campo agricolo.
A PARTIRE DAGLI ANNI ’90, CON L’AFFERMAZIONE dell’agricoltura industriale, il pianeta è stato inondato di pesticidi con l’obiettivo di controllare erbe infestanti, insetti dannosi, funghi e aumentare le rese per ettaro. Ma quale è il prezzo che stiamo pagando in termini di ambiente e salute per un aumento di produttività di alcune colture stimato nell’ordine del 10%? L’Atlante ci guida nel misterioso mondo dei pesticidi per mostrarci che la strada intrapresa non porta da nessuna parte e che vanno create le condizioni per un nuovo sistema di produzione agricola.
NEGLI ULTIMI 30 ANNI A LIVELLO GLOBALE la quantità di pesticidi impiegati è aumentata dell’80%, con incrementi del 484% in America Latina e del 97% in Asia. Sono 4 milioni le tonnellate di erbicidi, insetticidi, fungicidi che ogni anno vengono riversate nelle diverse aree del pianeta. Il Sud America guida la classifica con l’impiego di 770 mila le tonnellate nel 2020, con una media superiore ai 5 kg per ettaro di superficie agricola. In Europa se ne utilizzano circa 360 mila tonnellate all’anno, un valore che è rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi 10 anni nonostante le tante iniziative per limitarne l’impiego.
FRANCIA, ITALIA, SPAGNA E GERMANIA sono i paesi europei che fanno un uso più abbondante di pesticidi e nel nostro paese nelle aree di agricoltura convenzionale si spargono in media 5 kg per ettaro, mentre la media europea è 1,7 kg. Il mercato globale dei pesticidi ha superato i 100 miliardi di dollari ed è destinato a crescere con un aumento medio del 4% annuo, trainato da Sud America, Asia, Africa. Sono cinque le multinazionali che controllano il 70% del mercato (Syngenta, Bayer, FMC, Basf, Corteva) in un continuo processo di fusione tra aziende sementiere e dell’agrochimica che consente di controllare contemporaneamente semi e pesticidi. Il monopolio dei semi e dei pesticidi è uno degli aspetti più gravi del sistema agricolo mondiale e condiziona la produzione del cibo necessario a sfamare la popolazione mondiale.
L’ATLANTE METTE IN EVIDENZA GLI EFFETTI dei pesticidi sugli agricoltori e le popolazioni delle aree rurali del pianeta: sono 385 milioni le persone che ogni anno subiscono forme acute di avvelenamento e il 95% si trova nel Sud del mondo. Si calcola che la contaminazione da pesticidi coinvolga a livello mondiale il 44% dei lavoratori agricoli, con più di 11 mila i decessi causati da avvelenamento involontario. Il largo uso di pesticidi altamente pericolosi spiega la dimensione del fenomeno. La Fao e l’Oms hanno indicato i criteri per individuare i pesticidi ad alta pericolosità, ma manca una lista ufficiale a livello mondiale e in molti paesi dell’America Latina, Africa e Asia c’è carenza di informazioni in materia di sicurezza e difficoltà a controllare le quantità impiegate e le modalità di utilizzo. Siamo di fronte a una minaccia globale e le popolazioni dei paesi più poveri pagano il prezzo più alto.
LE COLTIVAZIONI OGM HANNO FAVORITO E AMPLIATO l’impiego dei pesticidi. La superficie agricola mondiale coltivata a Ogm ha superato i 190 milioni di ettari e sono gli erbicidi, che da soli rappresentano il 50% di tutti gli agrotossici, la categoria più utilizzata. L’erbicida glifosato è diventato l’emblema di tutti i pesticidi e negli ultimi 20 anni la quantità impiegata a livello mondiale è cresciuta di 15 volte. In Europa la licenza per il suo impiego è scaduta a dicembre 2022, ma la Commissione europea ha rinnovato l’autorizzazione per un altro anno anche se non è stato raggiunto il quorum necessario al suo rinnovo tra gli Stati membri e in attesa che l’Autorità per la sicurezza alimentare (Efsa) si pronunci. Un altro elemento che emerge con forza dalle numerose ricerche svolte da istituzioni scientifiche indipendenti è la perdita di biodiversità animale e vegetale causata dall’impiego dei pesticidi.
IL DECLINO DELLE POPOLAZIONI DI API, lepidotteri (farfalle e falene) e di altri insetti impollinatori è un fenomeno destinato ad avere gravi conseguenze sulle produzioni agricole. Sono molte le ricerche citate dall’Atlante e che documentano il livello di inquinamento di suoli, acque superficiali (fiumi e laghi), acque sotterranee causato dai pesticidi. Secondo i dati dell’Agenzia europea dell’ambiente, in un terzo dei siti di monitoraggio delle acque superficiali europee vengono superate le soglie consentite. In una meta-analisi svolta da una Università tedesca, che ha esaminato 838 studi sulla la presenza degli insetticidi nelle acque superficiali di diverse aree del pianeta, emerge che in più della metà delle acque contaminate si superano i livelli di soglia.
IN ITALIA LA PRESENZA DI PESTICIDI E’ STATA RILEVATA nel 55% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 23% delle acque sotterranee, con l’individuazione di 183 pesticidi diversi. Le ricerche che hanno preso in esame i suoli mostrano che i due terzi dei terreni agricoli del pianeta sono contaminati da pesticidi, con la conseguenza di alterare le attività dei microrganismi da cui dipende la fertilità. I pesticidi li troviamo anche nel piatto, come ha messo in evidenza nel dicembre 2022 un dossier di Legambiente che ha esaminato 4.313 campioni di alimenti (frutta, verdura, prodotti trasformati). Solo il 55% dei campioni è risultato privo di residui, mentre nel 30% si registra la presenza di più residui. E anche se la concentrazioni dei singoli residui risulta nei limiti di legge, dobbiamo fare i conti con la grande varietà di principi attivi (effetto cocktail) che si accumulano nel nostro organismo.
COME SI STA MUOVENDO L’EUROPA PER CONTENERE l’impiego dei pesticidi? La strategia Farm to Fork, il piano decennale varato dalla Commissione europea, indica due obiettivi per il 2030: ridurre del 50% l’uso e i rischi connessi ai pesticidi di sintesi e aumentare la superficie agricola coltivata a biologico per raggiungere almeno il 25%. Ma non basta fissare degli obiettivi. La Corte dei conti europea ha messo in evidenza che sono stati fatti pochi passi in avanti per ridurre i rischi che derivano dai pesticidi. L’Italia, pur avendo raggiunto il 17,4% della superficie coltivata bio, è in grave ritardo nel Piano per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (Pan). Il piano, che era stato varato nel 2014, è scaduto nel febbraio 2019 ed è ancora in fase di revisione.controllare erbe infestanti, insetti dannosi, funghi e aumentare le rese per ettaro. Ma quale è il prezzo che stiamo pagando in termini di ambiente e salute per un aumento di produttività di alcune colture stimato nell’ordine del 10%? L’Atlante ci guida nel misterioso mondo dei pesticidi per mostrarci che la strada intrapresa non porta da nessuna parte e che vanno create le condizioni per un nuovo sistema di produzione agricola.
Pesticidi vietati in Europa venduti nel sud del mondo
I DATI. Le sostanze finiscono sulla frutta e verdura poi importate. Italia al secondo posto per esportazioni
Luca Martinelli 09/02/2023
Navi cariche di pesticidi lasciano l’Europa dirette verso i Paesi del Sud del mondo e dell’Est Europa, trasportando sostanza che non potrebbero essere utilizzate nei Paesi dell’Unione. Nel 2018, il dato a cui fa riferimento l’Atlanta dei pesticidi 2023, l’Italia era sul podio dell’export, in seconda posizione con 9.499 tonnellate, seguita dalla Germania con 8.078. Primo, lontanissimo, il Regno Unito, nel frattempo uscito dall’Europa, con 32.187. I Paesi che ricevono (e utilizzano) questi pesticidi sono il Brasile (e in generale tutti quelli del Centro e Sud America), l’Ucraina ma anche il Sud Africa.
È un boomerang, però: da quei Paesi i mercati occidentali dipendono per l’importazione di verdura e frutta, in particolare di quella esotica. E questo fa sì che i pesticidi messi al bando dall’Europa tornino nei nostri piatti, come dimostra un campionamento randomizzato realizzato tra il 2017 e il 2021, che ha trovato pesticidi vietati nel 16% dei campioni di verdura testati in Svizzera (35 su 216), nel 16% dei campioni di frutta esotica testati (35 su 221) nello stesso Paese, nel 95% delle papaie oggetto di analisi in Germania (20 campioni su 21), nel 75% dei mango venduti nello stesso Paese (12 su 14), nel 75% della frutta campionata in Austria.
È UN’ENORME QUESTIONE APERTA: secondo le proiezioni del mercato, spiega il report presentato a Milano a inizio febbraio in occasione della Festa del Bio, le esportazioni di pesticidi verso i Paesi del Sud del Mondo continuerà ad aumentare. Questo perché – evidenzia l’analisi – «le cinque principali aziende agrochimiche, fra cui Bayer, Basf e Syngenta, generano già più di un terzo delle loro vendite di pesticidi da principi attivi classificati “altamente pericolosi” da Pesticide action network (Pan)». Secondo l’Oms e la Fao, i pesticidi altamente pericolosi (HHP) sono quelli che presentano livelli di rischio acuto o cronico per la salute umana o per l’ambiente particolarmente alti. Per questa ragione, molti di essi non sono più autorizzati nell’Ue. Tuttavia, alle aziende europee è ancora consentito venderli. In totale, nel 2018 e nel 2019, i Paesi Ue e il Regno Unito hanno approvato l’esportazione di un totale di 140.908 tonnellate di pesticidi vietati sui terreni agricoli europei a causa dei rischi inaccettabili per la salute e per l’ambiente. In alcuni casi, società europee come le tedesche Bayer e BASF producono pesticidi direttamente nei Paesi terzi, e questi contengono principi attivi vietati in Ue.
SECONDO UNO STUDIO DEL 2020, in Sud Africa e Brasile queste aziende hanno venduto prodotti contenenti almeno 28 principi attivi vietati in Europa. Il problema, a quel punto, diventa l’import di derrate alimentari: residui di 74 pesticidi vietati in Ue sono stati rinvenuti in alimenti testati sul mercato europeo, nel 2018, di questi, 22 erano stati esportati dall’Europa nello stesso anno.
In Brasile, uno dei più grandi consumatori di pesticidi al mondo, nel 2019 sono arrivati almeno 14 principi attivi altamente pericolosi non più autorizzati in Ue. Fra questi, elenca il rapporto, ci sono «il fipronil di Basf, altamente tossico per le api, il neurotossico chlorpyrifos della portoghese Ascenza Agro SA, l’altamente tossico cianamide, della tedesca Alzchem AG, e il propineb di Bayer, che provoca disfunzioni sessuali e infertilità».
In Kenya, invece, «sarebbero autorizzati 230 principi attivi, 51 dei quali non sono più consentiti in UE, fra essi l’atrazina (Syngenta), il trichlorfon (Bayer) e il fipronil (Basf)».
Le organizzazioni non governative impegnate sul terreno nel Sud del mondo avvertono che gli agricoltori usano sempre più sostanze pericolose per le colture alimentari. Le importazioni del Kenya nel 2018 e nel 2019 includevano iprodione e acetoclor dal Belgio e 1,3-dicloropropene dalla Spagna, sostanze vietate in UE. Il Sud Africa ha invece importato principi attivi come l’imidacloprid, nocivo per le api, da Germania e Francia nel 2021 e 2022.
SECONDO LE AZIENDE AGROCHIMICHE il problema non esisterebbe: i loro prodotti, se usati adeguatamente, sarebbero sicuri e non provocherebbero danni all’uomo, agli insetti o ai corpi idrici. Ma l’utilizzo adeguato prevede di indossare dispositivi di protezione e rispettare orari di applicazione specifici, distanze di irrorazione e linee guida per l’impiego, tutti elementi che non possono essere garantiti nel Sud del Mondo, dove chi applica le sostanze non ha avuto una formazione adeguata o non l’ha avuta affatto, ed è scarsamente informato sui rischi per la salute e sulle distanze da mantenere durante l’applicazione. I dispositivi di protezione individuale, poi, sono difficili da reperire o troppo costosi, oppure non vengono indossati a causa delle elevate temperature. Diversi studi dimostrano che molti utenti non sanno leggere le istruzioni, o perché hanno un livello di scolarizzazione basso o perché le istruzioni non sono scritte nelle lingue dei rispettivi Paesi. È un problema noto, denunciato da anni dalle organizzazioni internazionali come la Fao e l’Oms. Solo chi è mosso dalla ricerca di profitto non lo vede.
No Comments