“NON RISPETTIAMO PIÙ LA TERRA E LA TERRA REAGISCE” DA IL MANIFESTO
Carnevale sulla Laguna morente
SICCITÀ. Quest’anno la città, già morente per l’eccessivo flusso dei visitatori e il conseguente spopolamento del suo centro, è colpita da un’ennesima tragedia: il livello dell’acqua della sua laguna ha raggiunto minimi storici
Enzo Scandurra 21/02/2023
A Venezia, a Viareggio, ad Acireale e in tante altre località del bel Paese si celebra il Carnevale. Il più famoso è quello di Venezia in cui le maschere di Colombina e del dottore delle peste richiamano turisti da tutto il mondo. Una celebrazione nata intorno al secolo XIV e XV durante la quale, in passato, venivano sospese tutte le regole sociali e le persone che vi partecipavano godevano di una libertà sfrenata. A Venezia, in particolare, è attesa l’elezione della Maria 2023, dopo che per dieci giorni le ragazze candidate si sono esibite in passerella, balli, cene, feste da palazzo. Una festa che nel corso di secoli si è trasformata in un rito pagano come vuole la nostra modernità.
Ma quest’anno la città, già morente per l’eccessivo flusso dei visitatori e il conseguente spopolamento del suo centro, è colpita da un’ennesima tragedia: il livello dell’acqua della sua laguna ha raggiunto minimi storici lasciando a secco imbarcazioni parcheggiate lungo i ben noti canali. Se ci spostiamo a qualche chilometro di distanza un altro spettacolo spettrale: quello del Po che in alcune zone è sotto di ben 3 metri e mezzo: un record, e siamo ancora in inverno.
Ma le persone forse giustamente, anche se incautamente, hanno voglia di celebrare il rito pagano del carnevale e poco importa se segnali di “morte della natura” si manifestano con frequenze sempre più ricorrenti. Mentre i nostri politici discutono di “cosucce” come fosse il nostro paese un condominio di litiganti. C’è forse un partito che mette al primo posto nella sua agenda politica le sorti del nostro pianeta? La parola “ambiente” è spesso evocata nei loro programmi, ma resta una questione a sé, per anime belle o addetti ai lavori.
Non possiamo preoccuparci di quello che è il più grande dei nostri problemi, dove in gioco, nei prossimi anni, è la stessa sopravvivenza della specie umana. Prima però verranno catastrofi, inondazioni di terre emerse, crisi drammatiche della produzione di cibo per siccità e intere popolazioni dell’Africa migreranno disperate in cerca di salvezza presso i paesi dell’Occidente.
C’è molta logica in questa follia umana, affermava Amleto, poiché l’uomo è sempre alla ricerca di certezze, soluzioni riparatrici, della manovella che fa girare il mondo e scarta quasi intuitivamente i dubbi e le incertezze senza accorgersi – diceva Jung – che le certezze non possono che venire dai dubbi e i risultati dalle esperienze (ubi dubium, ivi libertas).
Noi continuiamo a pensare, follemente, che dalla natura non può venirci nessun male, la natura è nostra alleata e semmai c’è la tecnologia che risolverà qualsiasi accidente: questa la logica della nostra follia umana. E nemmeno possiamo sperare saggi ripensamenti dai nostri governanti che dovrebbero essere anche i nostri pedagoghi, questa almeno la loro funzione in teoria.
La rivoluzione ecologica non è soltanto una rivoluzione tecnologica, come ci vogliono far credere approvando leggi e leggine che vorrebbero tutelare l’ambiente (auto elettriche, idrogeno, fotovoltaico, ecc.). Al mantenimento delle condizioni attuali di manomissione della biosfera concorrono interessi precisi, dei costruttori di armi, delle lobbies del petrolio e gas, di tutti coloro che hanno acquisito privilegi e che hanno il timore di perderli e perfino di privati cittadini che si illudono che la cuccagna, misera che sia, possa continuare all’infinito. Il partito che lotta contro la natura è assai ampio e dispone di mezzi illimitati capaci di convincerci che questo è il migliore dei mondi e che cambiare le cose in senso ecologico costerebbe “lacrime e sangue”, come ci ha ammonito il “nostro esperto” dell’ambiente Cingolani.
A questo destino che appare sempre più inesorabile, si oppongono associazioni, gruppi di individui, economisti dissidenti, intellettuali, associazioni la cui forza è incommensurabilmente più modesta. Costoro continuano a credere in un’altra prospettiva: ritornare a vivere in armonia con la natura e gli esseri viventi.
Ma, ritornando a punto iniziale, ci si chiede: perché nessun partito metta al primo posto nei suoi programmi questa utopia concreta: la salvezza della biosfera con tutto ciò che comporta, senza la quale tutto il resto è un effimero chiacchiericcio tra condomini di un palazzo che invia segnali di scricchiolio?
«Non rispettiamo più la terra e la terra reagisce…»
SEMINARI SU «ABITARE». «Non rispettiamo più la terra. E se non la rispetti, la terra reagisce. Te la fa pagare. È quello che è successo con le alluvioni, le miniere a cielo aperto, […]
Alessandro Portelli 21/02/2023
«Non rispettiamo più la terra. E se non la rispetti, la terra reagisce. Te la fa pagare. È quello che è successo con le alluvioni, le miniere a cielo aperto, il taglio dei boschi indiscriminato. E sono i poveri, sono i vecchi, quelli che ci vanno di mezzo, quelli che non possono fare niente per salvarsi. E non c’è modo di rimediare al danno, capisci». Così diceva Annie Napier, indimenticabile narratrice della terra sfruttata e distrutta degli Appalachi. L’incertezza qui è se “terra” va trascritto con la minuscola o con la maiuscola, se parliamo del terreno strappato via dalle ruspe o se parliamo del pianeta martoriato da quelli che Luigi Ferrajoli, nella sua proposta “Per una Costituzione per la Terra” chiama crimini globali di sistema: il riscaldamento climatico, il pericolo di conflitto nucleare, la crescita delle disuguaglianze, lo sfruttamento del lavoro, il dramma dei migranti. Ma in realtà parliamo di tutte e due, della terra e della Terra, e del loro
Questo è l’approccio dei seminari su Abitare. Restare, resistere, andare, che il Circolo Gianni Bosio organizza alla Casa della Memoria di Roma. Le parole con cui Ferrajoli ha introdotto il seminario sulla Costituente per la Terra del 9 febbraio scorso sembrano un’eco su scala più vasta di quelle di Annie Napier: «A proposito dell’abitare, la Terra rischia di diventare inabitabile, e comunque parti rilevanti del territorio del pianeta rischiano di diventare in pochi anni inabitabili e di produrre disastro, catastrofe globale». Il rapporto fra terra e Terra – il territorio e il pianeta, i disastri locali e la catastrofe globale – è ancora il tema della seconda parte del seminario (venerdì 24 alle 17,30 alla Casa della Memoria e della Storia (via di San Francesco di Sales 5): coordina Mariella Eboli, chiude Luigi Ferrajoli e interverranno da un lato, Sandro Triulzi dell’Archivio Memorie Migranti (le migrazioni imposte dal disastro climatico); dall’altro, Antonio Onorati (Via Campesina) e Giacomo Lepri (Cooperativa Romana Giovani Agricoltori – Co.Ra.Gio), con l’esperienza diretta del rapporto con la terra a partire dal più grande comune agricolo d’Europa: Roma.
Il ciclo Abitare (del cui inizio il manifesto ha già dato notizia in occasione della sua apertura lo scorso novembre) è dedicato agli strumenti, politici e culturali, con cui gli esseri umani rivendicano il diritto di usare liberamente lo spazio. Nei seminari dei mesi scorsi ha esplorato gli strumenti culturali con cui le comunità locali costruiscono la propria resistenza all’espulsione, le forme del ghetto (con memorabili interventi di Anna Foa e Mitchell Duneier). Nei prossimi incontri, che si concluderanno nel mese di maggio, si parlerà delle lotte per la casa; di come «riabitare l’Italia» a partire dalle aree interne; di come vivere, cambiare, usare la scuola. Sono in programma Vito Teti, Fabrizio Barca, Vanessa Roghi, Franco Lorenzoni, e altri. Ma ogni volta, come è nello stile del Circolo Gianni Bosio, si parte dalle voci dell’archivio sonoro e dalla musica.
Il doppio incontro sulla costituzione per la terra si è aperto con la registrazione di un gruppo musicale dell’Assam, in India, che invitava ad ascoltare le voci della terra – gli animali, il vento, le piante, ma anche le rocce, e la terra stessa; e si chiuderà il 24 con una canzone che forse ha significati anche più profondi e radicali di quelli che siamo abituati a riconoscervi: «Nostra patria è il mondo intero». Appunto.
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