IL 2023 ANNO DEI RECORD SUL CLIMA: “PIANETA SULL’ORLO DEL BARATRO”da IL MANIFESTO
Il 2023 anno dei record sul clima, «pianeta sull’orlo del baratro»
CALDO IMPOSSIBILE. Mai così vicini al limite di 1,5 gradi. Il report dell’agenzia dell’Onu Wmo lancia l’allarme: in aumento migrazione e fame nel mondo
Luca Martinelli 20/03/2024
Il Pianeta è «sull’orlo del baratro» ha detto ieri il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres commentando il rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) che ha lanciato un allarme sulle temperature medie globali, che nel 2023 sono state di 1,45 gradi centigradi superiori rispetto ai livelli pre-industriali.
L’ANNO PASSATO ha frantumato tutti i record di caldo precedenti: 1,29 gradi del 2016 e 1,27 del 2020. «La Terra sta lanciando una richiesta di soccorso», ha aggiunto Guterres, sottolineando che «l’inquinamento da combustibili fossili sta creando un caos climatico fuori scala» e avvertendo che «i cambiamenti stanno accelerando».
«Non siamo mai stati così vicini, anche se al momento su base temporanea, al limite inferiore di 1,5° C previsto dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici», ha dichiarato il Segretario generale della Wmo Celeste Saulo: «La comunità dell’Organizzazione sta lanciando l’allarme rosso al mondo». «I cambiamenti climatici vanno ben oltre le temperature. Ciò a cui abbiamo assistito nel 2023, in particolare il riscaldamento senza precedenti degli oceani, il ritiro dei ghiacciai e la perdita di ghiaccio marino antartico, è motivo di particolare preoccupazione», ha aggiunto.
Non c’è parametro, infatti, che non evidenzi la soglia d’allarme: l’anno passato, ad esempio, quasi un terzo degli oceani, il 32%, è stato colpito quotidianamente da un’ondata di calore, quasi dieci punti percentuali in più rispetto al record precedente del 2016, il 23%. Alla fine dell’anno, oltre il 90% degli oceani aveva registrato ondate di calore in qualche momento durante l’anno. E ancora: nel 2023 c’è stata la maggior perdita di ghiaccio dai ghiacciai mai registrata da quando ci sono rilevazioni scientifiche, dal 1950.
Quelle maggiori si sono verificate nel Nord America e in Europa. In Svizzera negli ultimi due anni i ghiacciai hanno perso circa il 10% del loro volume, nel Nord America il 9%. Anche l’estensione del ghiaccio marino antartico è stata di gran lunga la più bassa mai registrata, con l’estensione massima alla fine dell’inverno di appena un milione di km2, equivalente alle dimensioni di Francia e Germania messe insieme.
Tra gli effetti misurabili dei cambiamenti climatici, il numero di persone soggette ad acuta insicurezza alimentare nel mondo è più che raddoppiato oggi rispetto a prima della pandemia: da 149 milioni si è arrivati a 333 milioni nel 2023, nei 78 paesi monitorati dal Programma alimentare mondiale dell’Onu (Wfp).
Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale l’aumento degli eventi estremi legati al clima – come inondazioni, cicloni tropicali, ondate di calore, siccità e incendi – ha aggravato l’insicurezza alimentare, le migrazioni e gli impatti sulle popolazioni vulnerabili.
ANCHE L’ITALIA È CITATA nel comunicato stampa che presenta il rapporto State of Global Climate, in un paragrafo dedicato al caldo estremo che ha colpito molte parti del mondo: «Alcuni dei fenomeni più significativi si sono verificati nell’Europa meridionale e in Nord Africa, soprattutto nella seconda metà di luglio – spiega l’Organizzazione -. In Italia le temperature hanno raggiunto i 48,2 °C, mentre a Tunisi (Tunisia) sono state registrate temperature record di 49,0 °C, ad Agadir (Marocco) 50,4 °C e ad Algeri (Algeria) 49,2 °C».
DA DOMANI SI TIENE a Copenaghen la Conferenza ministeriale sul clima: è il primo incontro tra i leader dopo la Cop28 di Dubai. L’obiettivo: accelerare l’azione per il clima, in particolare con il rafforzamento dei Contributi Nazionali Determinati da ogni Paese per la riduzione delle emissioni, in vista dalla scadenza del febbraio 2025 decisa all’ultima Cop. Difficile però realizzare un cambiamento radicale senza nominare e affrontare l’elefante nella stanza: il lemma fossil fuel, combustibili fossili, è assente nel rapporto sullo stato del clima. Il baratro è davvero lì a un passo.
Ambiente e lavoro, Friday for future verso lo sciopero
LE PIAZZE ECOLOGISTE. Il movimento prepara la giornata del 19 aprile con Gkn e per la causa palestinese
Lorenzo Tecleme 20/03/2024
«A volte ci chiedono: ancora il corteo? Ma la verità è che qui da noi è uno dei pochi momenti di mobilitazione studentesca che funziona. Alla comunità serve». A parlare è Martina Comparelli, attivista di Fridays For Future Milano e già portavoce nazionale del movimento. Il 19 aprile torna lo sciopero globale per il clima. In Italia come in tutto il mondo si preparano nuovamente le piazze ecologiste, e lo fanno in un contesto ben diverso da quello del 2019, quando tutto è iniziato.
Le mobilitazioni coinvolgono meno persone, i movimenti per il clima sono meno amati dai media e più repressi dalle autorità. Al contempo, è cresciuta la complessità dell’elaborazione politica e si è fatto rete con altri pezzi di società: il sindacato, i movimenti transfemministi, il mondo decoloniale.
In molte città italiane la parola chiave sarà convergenza. Quella col mondo del lavoro, e soprattutto – così è stato negli ultimi anni – con i metalmeccanici dell’automotive. A Firenze sfileranno con gli studenti i lavoratori dell’ex Gkn, la fabbrica di semiassi per automobili da due anni occupata. La loro crisi aziendale è diventata il simbolo della possibilità di usare la transizione come strumento a difesa del lavoro, contro deindustrializzazione e delocalizzazioni. A Bologna già dallo scorso sciopero globale partecipano i dipendenti della Marelli di Crevalcore, un altro dei pezzi di filiera dell’auto italiana in crisi.
A Torino il gruppo locale di Fff è impegnato da tempo nelle vertenze relative a Stellantis. «Alcune settimane fa c’è stata in città la marcia per il clima e il lavoro fuori dai cancelli di Mirafiori» spiega Andrea Paolucci di Fridays For Future Torino. «È stato un momento importante. In questi mesi abbiamo fatto iniziative congiunte con Cgil, abbiamo protestato assieme ai lavoratori di Lear e di Mondo Convenienza – oltre che ovviamente agli operai ex-Fiat. Per aprile stiamo provando a creare convergenza tra la nostra mobilitazione e quella dei sindacati metalmeccanici».
Uno sciopero per il clima e per il lavoro, dunque. Ma in cui inevitabilmente tiene banco la carneficina di Gaza. In tutto il mondo Fridays For Future si è schierato a favore della causa palestinese, e la fondatrice Greta Thunberg ha portato nelle piazze lo slogan «no climate justice on occupied land», non c’è giustizia climatica in una terra occupata. «L’occupazione israeliana è anche appropriazione di terra e di acqua – bene reso sempre più scarso dalla crisi climatica. L’eradicazione degli ulivi è da tempo una delle forme di guerra usate da Tel Aviv. E poi c’è la questione dei rapporti tra Eni e Israele, ancora non abbastanza denunciati mentre prosegue il genocidio» continua Comparelli.
La promessa, insomma, è quella di non abbandonare lo sciopero globale per il clima. Anche innovandolo, specie nei piccoli e medi centri. «A Pavia faremo una settimana di mobilitazioni – dalla biciclettata al confronto tra i candidati sindaco. Lavoriamo da tempo alle nostre proposta su cementificazione e mobilità sostenibile, e alle vicine amministrative ci faremo sentire» spiega Pietro Losio.
«A Cagliari il tema è la siccità: in Sardegna siamo già a livelli critici, ed è solo primavera» dice invece Luca Pirisi. Lotte globali e lotte locali che si intersecano, per un movimento che – nonostante gli anni e il restringimento della partecipazione – può ancora contare su una capillarità importante, specie nel centro-nord.
«Facciamo appello a ogni realtà sociale, sindacale, transfemminista, radicale» conclude ancora Comparelli «li invitiamo a unirsi, articolare, convergere assieme a noi».
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